La bibliografia sui forum italiani è molto molto ridotta. Ancora più ridotta di quella su altri tipi di testi in rete, anche se i forum sono forse - Facebook a parte - il genere testuale web in cui gli italiani scrivono di più. E questo in generale: prima ancora di arrivare alla bibliografia dedicata agli aspetti puramente linguistici.
Per questo motivo segnalo con particolare piacere Meccanismi interazionali di intensità nel forum di Repubblica.it sull'immigrazione, uscito nel 2009 negli atti del convegno Fenomeni di intensità nell'italiano parlato, a cura di Barbara Gili Fivela e Carla Bazzanella (Firenze, Cesati; il contributo è alle pp. 126-147). Il forum preso in esame è stato aperto per due giorni, il 7 e l'8 maggio del 2007, e ha totalizzato 1266 messaggi. Il contributo, per buona parte, fornisce dati numerici sui messaggi; ma la sezione più interessante è forse quella sull'uso del purtroppo come frequentissimo avverbio frasale (pp. 133-137). Buono spunto per analisi su altri tipi di forum.
Appunti sul linguaggio e sulla scrittura, con particolare attenzione al linguaggio del web. Un blog di Mirko Tavosanis.
martedì 15 dicembre 2009
giovedì 10 dicembre 2009
Olson, The world on paper
This work was published in 1994 and it seems to close a long series of studies about orality and literacy flowing from the Toronto School. It is an interesting, but the author seems now and then distracted by his own theses.
Just to be more specific: Olson claims that writing systems "provide a model for language and thought" (p. 68) and that "writing far from transcribing speech tends to provide a model for that speech" (p. 78). This is of course true, on many levels (I have seen for myself how difficult it is tro persuade Italian students that in the standard pronounciation of words like sciame there is no i... they "hear" it). However, on the whole, this is also a pretty marginal fact. Writing does not necessarily entail clear models for language, and much less for thought. Conversely, perhaps you don't need writing in order to study facts of language: it is not certain that even Pāṇini , i. e. the founding father of linguistics, was living in a literate society. The Devanagari alphabet and the Hangul of Korea were clearly planned after a careful study of the sounds of the relevant languages, while in the Greek case we have only a partial planning. And so on.
Just to be more specific: Olson claims that writing systems "provide a model for language and thought" (p. 68) and that "writing far from transcribing speech tends to provide a model for that speech" (p. 78). This is of course true, on many levels (I have seen for myself how difficult it is tro persuade Italian students that in the standard pronounciation of words like sciame there is no i... they "hear" it). However, on the whole, this is also a pretty marginal fact. Writing does not necessarily entail clear models for language, and much less for thought. Conversely, perhaps you don't need writing in order to study facts of language: it is not certain that even Pāṇini , i. e. the founding father of linguistics, was living in a literate society. The Devanagari alphabet and the Hangul of Korea were clearly planned after a careful study of the sounds of the relevant languages, while in the Greek case we have only a partial planning. And so on.
domenica 6 dicembre 2009
Groensteen, Système de la bande dessinée
L'esame per il corso di cinese è andato bene - anche se, sospetto, con un margine non larghissimo! Comunque, in attesa di ritentare con Cinese 2, è arrivato il momento di riprendere in mano un po' di vecchi libri. Uno di questi è il Système de la bande dessinée di Thierry Groensteen.
Devo dire che, da buon linguista, ho un po' di diffidenza verso gli studi semiologici: spesso si trasformano in sequenze di osservazioni discutibili e poco documentate, o in tentativi di spaccare il capello in quattro perdendo rapidamente contatto con la realtà. Niente di tutto questo, per fortuna, si ritrova nel lavoro di Groensteen, che è incredibilmente intelligente e ragionevole.
Descrivere il modo in cui funziona il fumetto è senz'altro difficile. Groensteen fa il suo lavoro in modo splendido, andando a esaminare, per esempio, i diversi modi in cui possono essere usati gli spazi bianchi tra le vignette, o l'importanza delle sequenze di vignette nella lettura. Giusto per dare un'idea dei contenuti, al ruolo della vignetta (cadre) nel sistema del fumetto sono dedicate venticinque pagine che descrivono sei diverse funzioni: di clôture, séparatrice, rythmique, structurante, expressive e lecturale. La prima di queste, continuando nell'esempio, riguarda la chiusura del disegno e l'assegnazione a esso di una forma specifica - tratto che, per inciso, distingue radicalmente l'immagine del fumetto da quella del cinema (a forma fissa). E così via, con una buona alternanza di classificazioni teoriche ed esempi pratici.
L'aspetto più propriamente linguistico è trattato solo di sfuggita, ma va bene così: quella è area di competenza dei linguisti, appunto, più che dei semiologi... Però all'interazione tra testo e immagine Groensteen dedica alcune pagine ben fatte (150-167), in cui si discute del modo in cui le parole nel fumetto servono, per esempio, a influenzare il tempo di lettura, facendo indugiare il lettore su vignette che altrimenti sarebbero superate in un istante (funzione rythmique, p. 157). In un mezzo di comunicazione che intreccia immagini e parole scritte si creano infatti innumerevoli interazioni di livello che sono inconcepibili nella narrativa tradizionale.
Insomma, il libro non è solo interessante di per sé. Dal punto di vista operativo è anche un oggetto molto comodo per i linguisti: permette di dire "per le implicazioni generali di questo meccanismo, si veda quanto dice Groensteen a pagina...", per concentrarsi poi, seriamente, su problemi di lingua.
Devo dire che, da buon linguista, ho un po' di diffidenza verso gli studi semiologici: spesso si trasformano in sequenze di osservazioni discutibili e poco documentate, o in tentativi di spaccare il capello in quattro perdendo rapidamente contatto con la realtà. Niente di tutto questo, per fortuna, si ritrova nel lavoro di Groensteen, che è incredibilmente intelligente e ragionevole.
Descrivere il modo in cui funziona il fumetto è senz'altro difficile. Groensteen fa il suo lavoro in modo splendido, andando a esaminare, per esempio, i diversi modi in cui possono essere usati gli spazi bianchi tra le vignette, o l'importanza delle sequenze di vignette nella lettura. Giusto per dare un'idea dei contenuti, al ruolo della vignetta (cadre) nel sistema del fumetto sono dedicate venticinque pagine che descrivono sei diverse funzioni: di clôture, séparatrice, rythmique, structurante, expressive e lecturale. La prima di queste, continuando nell'esempio, riguarda la chiusura del disegno e l'assegnazione a esso di una forma specifica - tratto che, per inciso, distingue radicalmente l'immagine del fumetto da quella del cinema (a forma fissa). E così via, con una buona alternanza di classificazioni teoriche ed esempi pratici.
L'aspetto più propriamente linguistico è trattato solo di sfuggita, ma va bene così: quella è area di competenza dei linguisti, appunto, più che dei semiologi... Però all'interazione tra testo e immagine Groensteen dedica alcune pagine ben fatte (150-167), in cui si discute del modo in cui le parole nel fumetto servono, per esempio, a influenzare il tempo di lettura, facendo indugiare il lettore su vignette che altrimenti sarebbero superate in un istante (funzione rythmique, p. 157). In un mezzo di comunicazione che intreccia immagini e parole scritte si creano infatti innumerevoli interazioni di livello che sono inconcepibili nella narrativa tradizionale.
Insomma, il libro non è solo interessante di per sé. Dal punto di vista operativo è anche un oggetto molto comodo per i linguisti: permette di dire "per le implicazioni generali di questo meccanismo, si veda quanto dice Groensteen a pagina...", per concentrarsi poi, seriamente, su problemi di lingua.