giovedì 26 aprile 2018

La scomparsa di Armando Petrucci


 
Il 23 aprile è scomparso Armando Petrucci, il più grande paleografo e storico della scrittura attivo in questi anni in Italia. Non ho avuto la fortuna di essere suo allievo, anche se ho sentito diversi suoi interventi in molte occasioni, ma i suoi libri sono stati per me importantissimi in tutto il mio percorso di studi.
 
Ieri ho presenziato a un breve saluto a Petrucci alle sale della Pubblica Assistenza di Pisa. Hanno parlato, con commozione, Corrado Bologna e Alfredo Stussi. Corrado Bologna ha letto anche il suo ricordo pubblicato ieri sul Manifesto. Rimando a quello, da cui riporto qui solo una citazione che è una sintesi ma anche un programma di ricerca e, per me, un auspicio:
 
Non c’è nulla, nella storia dell’uomo, che possa ricondursi solo al pensiero: conta in primo luogo la fisicità degli oggetti che mettiamo al mondo lavorando con il cervello, la materialità dei gesti che gli individui compiono per lasciare traccia durevole della propria esistenza e per trasmettere alle civiltà future le proprie conquiste, le proprie fatiche, i propri sogni.
 

martedì 24 aprile 2018

Le lingue dell’Uzbekistan


 
Il Chor Minor di Bukhara
Nelle settimane scorse, dal 10 al 21 aprile, ho fatto uno scambio Erasmus + in Uzbekistan. Sono le cosiddette azioni KA 107: ne avevo già fatta una l’anno scorso in Kazakistan, ma non sono mai riuscito a raccontarla qui. L’esperienza di quest’anno, peraltro, è stata davvero gradevole: l’Uzbekistan si è rivelato meravigliosamente interessante.
 
Il mio scambio era con l’Università di Bukhara, con il coordinamento del professor Abror Juraev. Ne ho approfittato però per fare anche una rapida visita a Samarcanda, dove all’Istituto di Lingue straniere c’è anche l’insegnamento dell’italiano… con professori e studenti bravissimi e molto simpatici.
 
L’Uzbekistan è meravigliosamente fotogenico, e spero di mettere in linea questa settimana qualche foto in più. Per me però è stata molto interessante anche la componente linguistica, con tutte le sue complicazioni. La lingua ufficiale del paese è infatti l’uzbeco, una lingua turca, però a scuola, anche se nel paese sono presenti pochissimi russi, tutti gli studenti devono imparare anche il russo… e ora, l’inglese. Più in dettaglio, le scuole sono divise in “scuole russe”, in cui l’insegnamento è in russo con corsi di uzbeco, e in “scuole uzbeche”, con insegnamento in uzbeco con corsi di russo. All’università la lingua di insegnamento è generalmente il russo, e nei negozi di Samarcanda la formula di ringraziamento a volte è l’uzbeco rakhmat e a volte il russo spaziba.
 
Inoltre: le due città di Bukhara e Samarcanda sono da secoli abitate da popolazioni di lingua tagica, cioè una lingua strettamente imparentata al persiano – e quindi indoeuropea. Dalle statistiche ufficiali non risulta, anche perché la scelta di collocare Bukhara e Samarcanda in Uzbekistan e non in Tajikistan è uno degli esempi della politica sovietica di tenere sotto controllo i popoli dell’Asia Centrale suddividendoli in repubbliche che rendessero difficile un’azione comune. Tuttavia, a quel che sento, in entrambe le città ancora oggi il tagico è una lingua che molti parlano come lingua materna e che tutti devono conoscere. Le lingue indispensabili sul posto sono quindi tre: uzbeco, russo e tagico.

La statua di Nasreddin Khoja a Bukhara

Soprattutto, per me è interessante l’ennesimo esempio di diffusione dell’alfabeto latino. L’uzbeco, che per lungo tempo era stato scritto con l’alfabeto arabo, passò all’alfabeto latino nel 1927; nel 1940 però l’Unione Sovietica imposte il passaggio al cirillico. Nel 1992 il processo è stato invertito e il sistema di scrittura ufficiale è di nuovo l’alfabeto latino… anche se a scuola vengono insegnati entrambi gli alfabeti e nelle insegne e nelle pubblicazioni a stampa mi sembra che predomini ancora il cirillico, mentre negli edifici pubblici, a cominciare dalle università, si vede solo alfabeto latino.
 
In aggiunta a deserti e monumenti, tutto questo ha reso il viaggio molto più interessante. L’accoglienza e la gentilezza di studenti e docenti hanno fatto il resto, e spero di poter scrivere qualcosa di più nei prossimi giorni.