La settimana scorsa, il mio viaggio al convegno CLiC-it a Bari è stato molto soddisfacente. Alla soddisfazione hanno contribuito anche due incontri aggiuntivi: uno a Lecce sull’italiano del web, grazie ad Annarita Miglietta, e uno all’Università di Bari sulla valutazione della traduzione, grazie a Maristella Gatto. Aggiungerei poi anche altre cose piacevoli: il viaggio di andata in vagone letto, il cibo (ottimo anche per un vegetariano), i paesaggi, la passeggiata nel centro di Bari…
Però vale la pena insistere sul motivo principale per cui ero lì, cioè presentare un mio lavoro di valutazione sulla qualità delle traduzioni automatiche. Non era uno dei centri tematici del convegno, anzi, il mio era proprio un contributo isolato. Però ho scoperto attività di valutazione molto importanti e, soprattutto, ho potuto riscontrare un fortissimo interesse per l’argomento in tanti addetti ai lavori. Al momento di presentare il poster sono stato sommerso di domande: nella foto mi si vede appunto in piena attività!
Credo quindi che valga la pena dire una cosa chiaramente: dopo più di mezzo secolo di false partenze, adesso la traduzione automatica funziona. E un miglioramento tanto visibile quanto rapido è dovuto all’introduzione dei sistemi a reti neurali, avvenuta per l’italiano a partire dal 2017, che ha fatto invecchiare molto in fretta il capitolo sulla traduzione automatica contenuto nel mio libro su Lingue e intelligenza artificiale. Ci sarebbe bisogno di un aggiornamento, in effetti… ma intanto è importante notare questa svolta storica.
Certo, le attività di traduzione si collocano lungo un continuum, per cui qualche applicazione pratica si è sempre trovata, e qualche azienda come SYSTRAN è riuscita a sopravvivere per decenni – ma erano cose molto di nicchia. Adesso però è possibile prendere un articolo di quotidiano o periodico in inglese e ottenere una traduzione in italiano ancora piena di errori ma che in sostanza riporta correttamente le informazioni del testo di partenza e non è poi molto lontana dal livello di un traduttore umano (qualche dettaglio in più sulla mia verifica è in questo post, e il resto è nel testo pubblicato).
Questa non è una cosa scontata. Per decenni, chiunque abbia lavorato nel settore si è sentito dire che la traduzione automatica “funzionava” quando in realtà dietro a questi discorsi non c’era molto: solo rivendicazioni esagerate e a volte ai limiti della truffa, a cominciare dalla celebre dimostrazione “Georgetown-IBM” del 1954. Ricordo bene, per esempio, di aver parlato nel 1990 con un bravissimo editore italiano – oggi scomparso – che raccontava di aver provato un sistema che funzionava bene e che gli avrebbe permesso di fare a meno di traduttori per i suoi libri. Sono ormai passati trent’anni, e nessuno dei libri della sua casa editrice è stato tradotto da un sistema automatico. Non solo: non credo che nessuno dei suoi libri sia stato tradotto con l’aiuto parziale di un sistema automatico.
Adesso però la svolta è molto interessante, e le reti neurali cambiano molte regole del gioco. Di regola, sintetizzare una materia complessa in una frase non è sufficiente. Anche nel caso della traduzione automatica occorrerebbe quindi fare un sacco di precisazioni, e di valutazioni. Però, in prima battuta, si può provare anche a condensare la novità in uno slogan: finalmente, la traduzione automatica funziona.