giovedì 14 febbraio 2008

Ore giapponesi: il capitolo sugli ideogrammi

Rieccomi su Maraini. Nella sezione di Ore giapponesi dedicata a Kyoto, sognatori e ribelli compare anche un "Capitoletto sulla lingua e sugli ideogrammi". Che tanto capitoletto non è (pp. 1017-1033).

La sintesi sulla lingua giapponese è, per quel che ne posso dire, buona (lingua agglutinante, etc.). La parte veramente interessante è però quella dedicata agli ideogrammi in sé: di gran lunga la più pertinente per qualunque discorso di "linguaggio del web". Dice Maraini:

I giapponesi, di una pagina della loro lingua voltata in alfabeto romano, dicono "pinto-ga awanai", non è a fuoco; infatti la scrittura ideografica - a parte la fatica che richiede per venire appresa - presenta cose, idee, sentimenti all'occhio, al pensiero, alle emozioni con un'immediatezza ed una vivacità nettamente superiori alla normale mediazione fonetica, specialmente in una lingua dove ormai sono numerosi gli omofoni" (pp. 1029-1030).

Poche parole (a cui si possono aggiungere altre osservazioni in un saggio successivo), che però sono centrali per il tema del blog. Le alternative alla scrittura in alfabeto latino comportano un diverso rapporto con il pensiero? Per quel che posso capire, la risposta è: in parte. In piccola parte, probabilmente, perché il cervello funziona per tutti più o meno allo stesso modo.

Intanto ho visto come codificare gli ideogrammi (per semplicità continuo a usare questo termine): 丐. Oppure, con 5 tratti di pennello: freccia, 矢. La codifica in sé è ovviamente una stupidaggine... la cosa difficile è orientarsi tra le 81 pagine che compongono la tabella Unicode dei "CJK unified ideographs". Mi chiedo se, per capire meglio il rapporto tra scrittura e pensiero, sia il caso di investire un paio d'anni nello studio del cinese o del giapponese!

Intanto ho scoperto il concetto di Unihan: la codifica unitaria e comune, attraverso Unicode, dei segni usati per il cinese, il giapponese, il coreano e il cantonese.

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