mercoledì 3 novembre 2010

Serianni, L'ora di italiano


Tra un appuntamento e l'altro, oggi ho letto L'ora di italiano: scuola e materie umanistiche di Luca Serianni (uscito a luglio da Laterza, ristampato a ottobre, comprato al volo stamattina in Feltrinelli al prezzo di nove euro).

Di solito sono un po' diffidente verso i libretti-pamphlet di questo genere. Poco più di cento pagine, piccolo formato, caratteri grandi: il contenuto è di regola qualcosa che starebbe in venti o trenta pagine di rivista, e spesso è in qualche modo riciclato. Il nome di Serianni però è una garanzia, e anche se qui si vede una certa fretta di produzione, le circostanze in cui è stato realizzato il lavoro sono tali da dare un rilievo particolare al testo. Serianni infatti è stato consulente per l'ultima riforma dei programmi di liceo, e le sue opinioni hanno quindi avuto la possibilità di pesare in modo inconsueto.

All'interno del libro c'è, in un paio di punti (p. 40 e pp. 50-51), l'elogio del riassunto come strumento didattico. Del tutto in linea con questa impostazione, provo quindi a sintetizzare alcuni dei discorsi più interessanti - con l'avviso che, essendo questo un riassunto-per-linguisti, lascio fuori le considerazioni più generali (e, di regola, unanimamente condivise dagli addetti ai lavori) per concentrarmi solo su quelle che, in qualche misura, sono un po' più specifiche, e spesso più soggettive:
  • la competenza linguistica, a differenza di quella letteraria, si presta a essere misurata anche con domande "chiuse", ed è quindi facile da verificare (p. ix)
  • in un quadro di modeste prestazioni degli studenti italiani, "colpisce la scarsa padronanza del lessico astratto (...) e la regressione del lessico meno usuale" (p. x)
  • per l'insegnante, è importante "soprattutto" un requisito psicologico: "credere al lavoro che fa e scommettere su sé stesso" (p. xii)
  • primo capitolo: considerazioni di buon senso sulle diversità tra cultura umanistica e cultura scientifica
  • secondo capitolo: necessità della compresenza di "Scienze e lettere nella scuola"
  • la riforma Gelmini "va indubbiamente verso un riequilibrio tra discipline umanistiche e scientifico-tecnologice, reso ancora più evidente dalla complessiva riduzione del monte ore: una riduzione dipendente dalla scelta o dalla necessità di economizzare - impossibile negarlo -, ma sostenibile anche col principio pedagogico di ridurre le ore di presenza degli alunni a scuola, repingendo la correlazione più ore = più profitto scolastico" (pp. 19-20)
  • inevitabile potenziare l'inglese, ma "lascia perplessi la norma di prevedere fin d'ora nell'ultimo anno l'uso della lingua straniera per una disciplina non linguistica": sia perché i docenti non sono preparati, sia perché questo potrebbe comportare l'abbandono della capacità di trasmettere alcune materie scientifiche in italiano, e non è pensabile che in settori del genere " lingua rinunci a una e di sovranità (...) appaltandola a una lingua straniera" (pp. 20-21)
  • comunque, ci sono riserve sull'aumento di alunni per classe (p. 21)
  • ormai c'è "marginalizzazione del liceo classico rispetto al liceo scientifico, che rappresenta ormai la scelta non marcata per (...) una preparazione generalista per poi continuare gli studi universitari"; come esito, il classico si è femminilizzato e meridionalizzato (p. 22)
  • il latino si è indebolito (e perde ore, nei programmi post-riforma) per queste ragioni e per una serie di fattori aggiuntivi, tra cui la riduzione di prestigio (p. 23)
  • in realtà, al di là dei molti discorsi pro e contro, il latino è importante per il "suo significato storico", e in alcune scuole è bene mantere "il contatto diretto con i testi originali" (p. 28)
  • d'altra parte, il peso della versione classica dovrebbe essere ridimensionato nella didattica del latino (pp. 29-36)
  • il docente d'italiano nella secondaria inferiore e superiore deve fare diverse cose contemporaneamente: "insegnare la lingua, prima di tutto", stimolare l'interesse per la lettura, avviare alla conoscenza dei classici, alimentare discussioni su temi di attualità (p. 37)
  • più che chiedere opinioni su temi difficili da inquadrare bene, i docenti dovrebbero sviluppare nei discenti "i meccanismi dell'argomentazione" (p. 38)
  • esempio di "una lezione sul barocco che valorizzi il rapporto con la pittura coeva", prendendo spunto da Mattia Preti - esempio, devo dire, ben poco credibile, in base alla mia esperienza della didattica liceale! (pp. 41-42)
  • importanza del rigore nella valutazione (pp. 42-44), anche perché i problemi di lingua impediscono il successo in pratica in qualunque altra materia (p. 44)
  • nella scuola dell'obbligo tutti devono essere portati a determinati obiettivi, ma nelle fasce successive occorre discriminare il valore e non cancellare la responsabilità dei singoli (p. 45)
  • esempi di esercizi divertenti (beh, più o meno...) per i vari livelli di scuola (pp. 46-50), e di verifiche di comprensione del testo a livello avanzato (pp. 51-52)
  • i problemi del tema e quelli delle prove alternative (pp. 53-60)
  • sesto capitolo: i problemi delle grammatiche contemporanee, con qualche suggerimento per intervenire sui punti critici (pp. 61-75)
  • settimo capitolo: il problema dell'arricchimento lessicale, con progetto di far arrivare tutti i diciottenni scolarizzati al livello di competenza necessario a "capire pienamente l'editoriale di uno dei grandi quotidiani" (p. 77)
  • ottavo capitolo: spunti didattici sulla letteratura a scuola, con osservazioni su come alcuni fenomeni linguistici in Dante possano essere illustrati solo in un corso universitario, altri nello studio liceale, e altri ancora debbano essere proposti all'attenzione di tutti (p. 91)
  • nono capitolo: insegnamento dei classici, e mantenimento della lettura dei testi più antichi in lingua originale
Gli argomenti presentati sono, come si vede, molto variegati; così come sono d'altronde variegate le richieste fatte dal sistema scolastico agli insegnanti di "italiano". Devo dire, però, che gli esempi di didattica forniti mi hanno lasciato sistematicamente perplessità - sembrano tutti più "giochini" creativi che tasselli di una formazione completa. E, più in generale, mi sembra che qui svolgano un ruolo un po' troppo periferico gli obiettivi di fondo, che in un'ottica più alla De Mauro darebbero ragione al tutto: fornire padronanza della lingua per permettere di accedere alle informazioni, ragionare sulle cose e comunicare in modo efficace.

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