La cosa più impressionante della Mongolia è il paesaggio. Anche Ulaanbaatar, però, è una città piuttosto strana. Moderna in quanto fondata dai mongoli solo nel Settecento, più che altro al servizio dei templi buddisti; “consolidata” poi in età sovietica, con casermoni e palazzi; e rifinita adesso attraverso uno strato di scintillanti grattacieli. Il centro di Ulaanbaatar oggi dà l’impressione di una città sostanzialmente
globalizzata. Un contrasto tipico è quello il grattacielo Blue Sky sopra
il tempio del Choijin Lama, una delle poche cose ottocentesche rimaste in piedi:
Certo, poi, al di là di pochi punti nel centro, le strade di Ulaanbaatar sono tutte una buca: gli autisti le percorrono quindi zigzagando di continuo, usando il volante con una mano sola e tenendo contemporaneamente in mano sigaretta e cellulare. Cosa curiosa, gli incidenti non sembrano rari (ne ho visto uno anch’io, nel mio breve soggiorno). Ma d’altra parte, ho visto che i mongoli usano sigaretta e cellulare anche quando vanno a cavallo, quindi direi che c’è una certa coerenza culturale...
All’arrivo, per prima cosa ho depositato i bagagli più ingombranti all’economico (US$ 13 a notte) ostello che avevo prenotato da tempo, e ho cercato di riallinearmi con la posta. Poi sono andato a recuperarmi il biglietto del treno Ulaanbaatar-Pechino in un’agenzia di viaggi alle spalle del centro di tutto, Piazza Sukhbaatar. Dopodiché, sono andato a passare due mezze giornate nel parco naturale di Terelj. Attrazione fondamentale del parco: il pernottamento in un tipico ger mongolo - in italiano, chissà perché, continuiamo a chiamarlo "Yurta":
Osservazione interessante: i ger sono imbottiti di feltro... ma sono freddi lo stesso! Io ho cercato di arrangiarmi con una stufetta a legna rivelatasi clamorosamente insufficiente (Terelj è a 1500 metri di quota). Beh, tutta esperienza!
Il paesaggio, in compenso, era spettacolare, anche se forse più lungo la strada che a Terelj, che è una strana fusione di prateria mongola e valle alpina. Comunque ho fatto un paio di lunghe camminate nella zona, che è un po’ sciupata dai numerosi ger per turisti... ma, essendo ormai questa fine stagione, c’erano i ger ma non i turisti, per cui si stava bene lo stesso:
I mongoli che gestiscono i ger sono molto ospitali, anche se la comunicazione non è facile (pochissimi, ovviamente, parlano inglese):
D’altra parte, la prima cosa che ho visto, arrivando a Terelj: un uomo steso per terra, su un fianco, a occhi aperti. Pensavo stesse cercando di stasare un canalino di scolo, o qualcosa del genere. Invece l’autista si è messo a ridacchiare e ha spiegato: “Vodka”. A mezzogiorno? Eh, sì. I cespugli in zona mostrano tracce del passatempo nazionale. Tutte bottiglie di marca Gingiskhan:
Il giorno successivo: rientro a Ulaanbaatar, un po’ di turismo e qualche ora a gestire la posta arretrata. E poi, ripartenza per Pechino, su un treno carico di turisti e decisamente più lussuoso degli altri su cui ho fatto il viaggio. La carrozza ristorante ha offerto il pasto migliore del viaggio... anche se un po’ sciupato dal fatto che il capocameriere, il severo e avido Balgur, ha mostrato di essere un grande fan della canzonetta italiana. Attraversare il deserto del Gobi bevendo birra e ascoltando, nell’ordine, Felicità, Mamma Maria e L’italiano è stata un’esperienza... mh, diciamo “interessante”.
Poi nella notte, a Erlian, quattro ore di sosta, tra controlli passaporti e cambio delle ruote del treno. Dopodiché, siamo in Cina.
I mongoli che gestiscono i ger sono molto ospitali, anche se la comunicazione non è facile (pochissimi, ovviamente, parlano inglese):
D’altra parte, la prima cosa che ho visto, arrivando a Terelj: un uomo steso per terra, su un fianco, a occhi aperti. Pensavo stesse cercando di stasare un canalino di scolo, o qualcosa del genere. Invece l’autista si è messo a ridacchiare e ha spiegato: “Vodka”. A mezzogiorno? Eh, sì. I cespugli in zona mostrano tracce del passatempo nazionale. Tutte bottiglie di marca Gingiskhan:
Il giorno successivo: rientro a Ulaanbaatar, un po’ di turismo e qualche ora a gestire la posta arretrata. E poi, ripartenza per Pechino, su un treno carico di turisti e decisamente più lussuoso degli altri su cui ho fatto il viaggio. La carrozza ristorante ha offerto il pasto migliore del viaggio... anche se un po’ sciupato dal fatto che il capocameriere, il severo e avido Balgur, ha mostrato di essere un grande fan della canzonetta italiana. Attraversare il deserto del Gobi bevendo birra e ascoltando, nell’ordine, Felicità, Mamma Maria e L’italiano è stata un’esperienza... mh, diciamo “interessante”.
Poi nella notte, a Erlian, quattro ore di sosta, tra controlli passaporti e cambio delle ruote del treno. Dopodiché, siamo in Cina.
Leggendo questa descrizione della Mongolia mi è venuto in mente Ghostwritten, il primo romanzo dello scrittore britannico David Mitchell, che ha diversi episodi ambientati in Asia, tra cui la Mongolia. Penso sarebbe stato davvero adatto per un viaggio come questo (per i momenti in cui non si guarda fuori dal finestrino, ovviamente!). In italiano credo sia stato tradotto come Nove gradi di libertà.
RispondiEliminaPS Sconsiglio di leggere in anticipo la trama.
Ciao, Licia!
RispondiEliminaGrazie per l'indicazione: ho subito dato un'occhiata al libro su Amazon, e sembra interessante...
Mentre ero in viaggio naturalmente mi sono letto un paio di cose sulla Mongolia, su Kindle. E poi giusto oggi è uscito il secondo libro della Mongoliad di Neal Stephenson & C.: probabilmente comprerò anche quello!
A presto, e grazie ancora,
Mirko