sabato 15 ottobre 2016

Il venerdì di Doha

  
 
Spiaggia di Doha
A Delhi in questi giorni fa caldo ma non c’è il mare. A Pisa il mare non è lontano, ma è arrivato un autunno che è già un po’ inverno. In transito dall’una città all’altra, ieri mi sono trovato a fare 15 ore di sosta a Doha in Qatar, dove fa caldo e il mare c’è. Quindi ieri ne ho approfittato per quello che, sospetto, sarà l’ultimo tuffo dell’anno.
 
La mattina sono partito da Delhi, in mezzo agli spettacoli consueti del primo mattino. Ragazzi che si avviano a scuola in giacca e cravatta, famiglie di lavoratori che escono dalle baracche sotto i cavalcavia, pullman carichi di soldati dell’Indo-Tibetan Border Police Force… Sorvolato il deserto del Pakistan, il contrasto con il bianco e le strade ordinate di Doha è molto forte.
 
I contrasti di Doha sono però anche interni. L’emirato del Qatar è uno dei paesi più ricchi del mondo, grazie al petrolio e al gas naturale, e si vede. Ma / dunque tutti i lavori manuali sembrano affidati ad emigranti africani, e tutti i lavori dello scalino superiore a indiani. Chiacchiero un po’ con uno dei tassisti incontrati in giornata: viene da Calicut in Kerala, è in Qatar da due anni, e alla classica domanda su come ci si sta risponde “insomma”. Lo capisco bene. In mezzo ai musei e alle costruzioni ultramoderne, le donne del posto vanno in giro con velo integrale. L’importazione di carne di maiale è vietata (non è un male) e lo stesso vale per quella di alcolici (ugh!).
 
Inoltre, Doha è un posto piuttosto caro. Spostarsi, per esempio, in attesa che venga costruita la metropolitana richiede l’uso dei taxi di Stato o di Uber: due servizi con pregi e difetti differenziati, ma accomunati dal costo. Dopo lunghi calcoli mi sono dunque scelto come destinazione la spiaggia del “villaggio culturale” Katara, a pochi chilometri dal centro, che ha la combinazione migliore tra le spese di trasporto e quelle di ingresso (€ 12,50 a giornata).

Il futuro Museo Nazionale del Qatar, in costruzione: dal finestrino del taxi

 
La spiaggia del Katara non è di quelle più consigliabili per i gruppi di occidentali: alle donne è imposto rigorosamente il bagno con il vestito… però io sono da solo, e agli uomini è richiesto unicamente di usare i calzoncini da bagno, evitando gli slip. E soprattutto, il mare vale sempre la pena. Caldo, stretto tra i grattacieli, quello scampolo di Golfo persico si è rivelato sorprendentemente piacevole. In parte forse per il contrasto con le notizie di nubifragi e allagamenti che arrivavano dall’Italia.

Festa su un dhow

 
Ho quindi passato uno splendido pomeriggio alternando il bagno e la lettura di Track Changes, un libro di cui dovrò parlare più avanti. Nuotata, capitolo di libro, nuotata, capitolo di libro… L’acqua è parecchio salata, ma, nonostante i cartelli di avviso, priva di meduse. La spiaggia non è certo versiliese, ma la sensazione di essere a Viareggio viene lo stesso: un enorme blocco di appartamenti lì accanto sembra la versione ingrandita e imbruttita del Principe di Piemonte.
 
Intorno, nonostante la giornata festiva, la spiaggia non è troppo affollata e anche il “villaggio culturale” è semivuoto. Dove sono gli abitanti lo scoprirò al ritorno: incolonnati in macchina sul lungomare o in mezzo ai grattacieli che delimitano a nord il centro. Chi non è incolonnato è probabilmente in un centro acquisti. Alle cinque del pomeriggio inizia a scendere il buio, e tra i led multicolori viene una sensazione di vuoto. Mi ritorna in mente l’inquadratura presa in una precedente sosta a Doha: un residente, con il classico camicione bianco, accasciato sul bancone di un ristorante dell’aeroporto e profondamente impegnato a bere alcoolici – che lì, a differenza di quanto accade quasi tutto il resto dell’emirato, sono ammessi.
 
In centro, il modernissimo Museo di arte islamica ha una bella sezione di calligrafia e io mi fermo a contemplare un po’ di libri per me incomprensibili ma con scritte piazzate in diagonale. Già, ora che ci penso: come mai le scritte in diagonale sono così rare?

Scritte in diagonale

 
Subito fuori dal museo c’è la vista spettacolare dei grattacieli illuminati. La passeggiata lungo il vecchio porto viene chiamata “Corniche”, ed è finta come quasi tutto il resto. Di donne se ne vedono poche, e quelle poche sembrano tutte immigrate. Su un dhow ormeggiato nel porto balla un bel gruppetto di giovani… solo maschi, naturalmente, e qualche ragazza straniera ad assistere. Capisco bene il gruppetto barbuto che al Katara aveva discusso per un bel pezzo a voce alta di Italia e italiani. Bella ragazza, Lamborghini, Maserati, Roma, Colosseo, Monica Bellucci… O perlomeno, tento di immaginare che cosa possa sembrare l’Italia vista da lontano, il venerdì pomeriggio, a Doha.
 

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