martedì 5 settembre 2017

Le ragioni di uno sciopero

  
 
In questi giorni è in corso uno sciopero dei docenti universitari. È uno sciopero molto discreto, e consiste semplicemente nel rinvio del primo esame della sessione d’autunno, iniziata in molte università il 28 agosto.
 
Le modalità dello sciopero, approvate dalla Commissione di Garanzia, sono piuttosto complesse: il dettaglio si trova sul sito del “Movimento per la Dignità universitaria”, che ha proclamato lo sciopero.
 
Le motivazioni dello sciopero invece non sono affatto complesse. I docenti universitari hanno gli scatti di stipendio bloccati dal 2010. Per qualunque categoria di lavoratori questa sarebbe una ragione sufficiente per scioperare, ma nel caso dei docenti universitari la ragione è rafforzata dal fatto di essere in pratica gli unici dipendenti pubblici a cui ancora si applica questa misura. Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici è infatti partito nel 2010 in risposta alla crisi economica. Ci poteva anche stare, in un momento di difficoltà per le finanze pubbliche… ma alcune categorie di dipendenti, a cominciare dai magistrati, sono state esentate subito dal blocco; altre, dalle forze di polizia agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, hanno avuto gradualmente scatti e avanzamenti. Oggi i docenti universitari sono rimasti l’unica categoria con stipendio bloccato, e l’unica per cui si prevede che, anche alla rimozione del blocco, gli aumenti di stipendio non partiranno dal “dove avrebbero dovuto arrivare”, ma dal “dov’erano nel 2010”.
 
Queste circostanze sarebbero già più che sufficienti per una protesta (anzi, la cosa incredibile è che la protesta non ci sia stata in precedenza), e io ho tutte le intenzioni di partecipare allo sciopero. Tuttavia, come precisano anche i documenti del Movimento, la questione degli scatti è solo l’ultima goccia. Negli ultimi anni le condizioni di lavoro della docenza universitaria sono peggiorate su tantissimi fronti: più lavoro, più studenti, più burocrazia, meno soldi, a un livello che mi sembra abbia davvero pochi termini di confronto tra i dipendenti pubblici italiani, e non solo.
 
In ogni sciopero c’è un po’ di dispiacere. Spiace portare un disagio (per quanto contenuto) agli studenti. Spiace perdere anche una parte di stipendio – e su questo vale la pena ricordare che, per un lavoro come quello universitario, in cui ogni docente è responsabile di ciò che fa, di regola non è che in un giorno di sciopero uno se ne va a passeggio: anche nel giorno di sciopero degli esami si lavora come in un giorno normale.
 
Però c’è un equilibrio tra il contribuire generosamente a uno sforzo comune e il sostenere legittimamente la propria causa. Io credo che l’università abbia un ruolo centrale nello sviluppo della società… e, sì, certo, in questo forse sono (comprensibilmente) di parte. Però, anche mettendosi nei panni altrui, tra tutte le categorie dei dipendenti pubblici italiani non vedo proprio la minima ragione per cui i docenti universitari debbano essere considerati meno importanti degli altri. Iniziare a riportare risorse e ragionevolezza nel sistema mi sembra quindi indispensabile.
 

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