Qualche settimana fa sono andato a vedere la bella mostra di M. C. Escher allestita a Palazzo Blu a Pisa. Non mi aspettavo troppe sorprese, perché le opere di Escher sono, come tutti, abituato a vederle ovunque: sui poster, sui puzzle e sulle copertine dei libri. Però, quando si guardano gli originali qualcosa di nuovo si trova sempre – anche nel caso in cui gli originali sono costituiti in buona parte da stampe.
Per esempio, è stata una sorpresa vedere il livello di dettaglio in alcune opere. In alcuni casi ci sono iterazioni decrescenti talmente minuscole che mi chiedo quanto tempo e quali tecniche abbiano richiesto per la realizzazione: una lente d’ingrandimento, un buon sostegno per la mano e infinita pazienza? In una riproduzione di dimensioni limitate, per quanto buona sia, questi dettagli si perdono.
Dal punto di vista dei contenuti, invece, la scoperta più interessante è stata quella dei paesaggi italiani, risalenti in buona parte agli anni Venti e radicalmente estranei all’iconografia tradizionale. I soggetti esposti provengono soprattutto dalla Campania e dagli Abruzzi; viceversa, mi sembra poco presente lo sfondo che si collegherebbe a Escher in modo più intuitivo, cioè quello della Liguria. Da Genova alle Cinque Terre e a Portofino, scogli, strisce di colore e prospettive dall’alto sarebbero perfette per l’inserimento in alcune delle stampe più famose. Escher comunque ha visitato spesso la Liguria, quindi sarei sorpreso se non ce ne fossero tracce più consistenti in altre opere.
L’allestimento della mostra ha lati molto positivi. L’ingresso è a effetto. Una panchina video al primo piano permette di vedersi seduti su un triangolo impossibile, ed è una buona soluzione per dare soddisfazione al visitatore e concretizzare in qualche modo le prospettive impossibili per cui Escher è famoso.
Andando in mostra, temevo poi l’affollamento. È un bene che i musei siano affollati… ma a volte le scolaresche sono talmente numerose e vocianti che è davvero difficile veder bene le opere. In questo caso in effetti i gruppi c’erano, ma erano tenuti piacevolmente sotto controllo dagli accompagnatori. Anzi, ho avuto l’impressione che in diversi casi le guide facessero proprio attenzione a non intralciare i visitatori singoli, il che è un ottimo esempio di professionalità.
Aggiungo che la sorpresa più gradita in assoluto l’ho avuta in una sala in cui alcuni lavori geometrici di Escher sono messi a confronto con opere medievali e rinascimentali di tema paragonabile, e sorprendentemente simili. Immagino che questo non sia l’allestimento generale della mostra, ma una soluzione trovata ad hoc per Pisa, con opere che fanno parte della collezione permanente di Palazzo Blu. Se è così, è stata veramente un’ottima scelta.