martedì 4 dicembre 2018

La metropolitana di Città del Messico

 

Le metropolitane mi piacciono. Non quanto i treni regolari, naturalmente, ma molto più degli autobus e quasi quanto i tram.
 
Nel mio viaggio nelle Americhe ho potuto usare anche la metropolitana di Città del Messico. Efficiente, molto economica e, direi, ragionevolmente sicura: quel che può succedere dopo l’uscita dalla stazione è un’altra cosa, ed essendo ospite io ho limitato le mie esplorazioni. Quando la metropolitana non poteva portarmi vicino alla destinazione, ho usato Uber. I costi sono ragionevoli e la sicurezza molto maggiore, a quel che mi dicono i residenti, rispetto a quella dei taxi normali. In più, apparentemente, ogni volta che lo si usa qualche fondo sovrano di paesi produttori di petrolio perde soldi, il che non è un male.
 
All’interno della metropolitana ci sono diverse cose che mi sono piaciute molto. Per esempio, alla stazione La Raza, un lungo passaggio di collegamento tra la linea 3 e la linea 5 porta alle pareti pannelli divulgativi sulla teoria dell’evoluzione e foto astronomiche. Una parte del percorso è addirittura oscurata per dare l’impressione di un cielo notturno illuminato da stelle sul soffitto... purtroppo nella foto si vede ben poco!

Tuttavia, una delle cose più interessanti è il sistema di indicazione delle stazioni, che affianca scritte e pittogrammi. Anzi, i pittogrammi sono l’elemento più visibile del sistema, e sono un esempio di design ben conosciuto nel mondo: una mia amica me ne aveva parlato già prima del viaggio, e io ero molto curioso di vederlo in pratica.
 
Il sistema nasce da un’idea consapevole, pensata in altri tempi. La realizzazione delle prime linee della Metropolitana è di poco posteriore alle Olimpiadi del 1968, e a occuparsi della segnaletica venne chiamato un designer statunitense che aveva già lavorato appunto all’evento olimpico: Lance Wyman. L’idea (anche se trovo poca documentazione d’epoca su questa scelta) era quella di venire incontro ai passeggeri analfabeti, visto che all’epoca il tasso di analfabetismo in Messico era altissimo. Molti dei pittogrammi sono di alta qualità.
 
Naturalmente, il sistema ha gli svantaggi dei sistemi pittografici. Se l’immagine stilizzata di una raffineria si fa ricondurre senza difficoltà alla stazione Refinería, è molto difficile per lo straniero, e forse anche per molti residenti, ricostruire il passaggio da un cappello militare ottocentesco al nome della stazione Niños héroes. E così via. Insomma, se si conosce il nome del posto in cui si vuole andare, non sempre i pittogrammi in sé offrono un’indicazione, in mancanza di informazioni di contesto.
 
Il problema è complicato dal fatto che le indicazioni alfabetiche sono decisamente poco leggibili! Soprattutto per le dimensioni dei caratteri, veramente minuscoli, per esempio, nelle indicazioni sulle linee all’interno dei vagoni:


Un po’, però, la scarsa leggibilità sembra dovuta anche al disegno. I caratteri usati sembrano infatti un adattamento spinto del carattere Eurostile disegnato da Aldo Novarese. Il risultato ha caratteristiche molto messicane – le forme quadrate e arrotondate richiamano bene la scrittura maya – e a me piacciono! Però è molto difficile da leggere. Non solo viene usato il tutto maiuscole, il che è un problema di per sé, ma il disegnatore ha cercato di dare a tutti i caratteri (più o meno) lo stesso spazio e forma quadrata, rendendoli poco distinguibili. Il risultato per me è stato veramente difficile da decifrare, anche da ridotta distanza, nei vagoni affollati. Oggi che anche in Messico la stragrande maggioranza della popolazione sa leggere e scrivere, sarebbe importante tenere conto del fatto e intervenire sul carattere (senza magari scordarsi del sistema dei pittogrammi).

Poi a fine viaggio si esce sulla grande piazza dello Zocalo, con i suoi spettacoli per turisti, e si passa a pensare ad altro.


 

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