martedì 25 maggio 2010

Beda il Venerabile salverà il Tibet?


Oggi, 25 maggio, sia la Chiesa cattolica sia quella anglicana festeggiano Beda il Venerabile - uno dei punti di riferimento per il cristianesimo britannico in età altomedievale. A volte Beda viene ricordato come "padre della nota a piè di pagina" (affermazione che richiede un bel po' di precisazioni); il suo ruolo nell'affermazione della divisione delle parole secondo lo standard moderno sembra invece più limitato. Tuttavia, essendo uno dei massimi letterati nel luogo e nel momento in cui sembra affermarsi la divisione moderna delle parole, il suo nome compare spesso anche nel libro di Saenger che sto finendo in questi giorni di leggere e schedare.

Che cosa c'entra il Tibet? Beh, uno degli aspetti più curiosi della storia della scrittura è la riciclabilità dei modelli. Facendo una ricerca in rete sul modo in cui è stato recensito il libro di Saenger, ho scoperto che Space between words viene indicato come punto di riferimento per una riforma della scrittura tibetana. Una studentessa tibetana di Harvard, Tenzin Dickyi, lo cita infatti ampiamente, come ispirazione, in un recente contributo intitolato Breathing Space: How Word Separation Can Save the Tibetan Language in cui si propone una riforma della scrittura tibetana:

Tibetans of our generation do almost all of our reading and writing in a foreign language and almost none in Tibetan. When young Tibetans trained outside the monastic system – who constitute the majority – cannot write a decent letter in Tibetan or read a sentence without tripping over at least three words, we have a crisis at hand. What’s to be done? The root of the problem is quite simple: we cannot write Tibetan well because we almost never read Tibetan, and we almost never read Tibetan because it is so difficult to read it. And there’s one very simple way to immediately ease the difficulty of reading Tibetan: word separation. Adding a space between words so that we can see each word as an immediate discrete unit having visual meaning will simplify the daunting task of reading Tibetan script overnight.

Insomma, rendere più facile la lettura aggiungendo gli spazi tra le parole aiuterebbe a salvare la cultura tradizionale tibetana. Qualche applicazione pratica del principio si trova poi su un altro blog, apparentemente curato dal fratello di Tenzin Dickyi. Ma il meccanismo può servire davvero?

La risposta è complicata, perché i tibetani hanno scelto secoli fa un percorso in salita: pur avendo una lingua molto vicina al cinese, hanno adottato un sistema di scrittura ripreso dall'India. Molti osservatori, incluso Fosco Maraini, sono partiti da questa nota per fare osservazioni di portata generale sulla cultura del Tibet (ne parlavo un paio d'anni fa in un altro post). La Blackwell Encyclopedia of writing systems scritta da Florian Coulmas conferma la difficile situazione. In tibetano, non solo "Syllables are written from left to right one next to another with no word division" e non c'è modo di indicare i toni, ma.

... never having been reformed since the standardization of the orthography during the reign of King Rapalcan (815-36), the spelling conventions of Tibetan are conservative with rather involved grapheme-phoneme correspondences which make for difficult reading... Tibetan exists in a situation of diglossia. Until recently, writing was largely restricted to classical Tibetan. A standard of modern literary Tibetan has emerged in the twentieth century (pp. 502-503).

Insomma, probabilmente Beda il Venerabile da solo non sarà sufficiente. Però purtroppo temevamo una cosa del genere, anche in base ad altri fattori...

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