venerdì 7 maggio 2010

The Space Between


Se fossi la Dave Matthews Band, ci farei sopra una canzone e proverei a scalare la hit. Se fossi un filosofo francese di quelli che andavano di moda qualche anno fa, scriverei qualche pensosa riga sullo spazio bianco, "ce signe qui n'est pas un signe et qui pourtant, avec ce coleur de nuage, donne à nos signes la signification..."

Ok, si è capito dove si va a parare.

Se fossi invece un bravo paleografo, scriverei un libro come Space between words. The origins of silent reading, di Paul Saenger. Pubblicato nel 1997, credo che sia ancora il testo di riferimento per problema circoscritto, ma fondamentale: da chi, come, quando e perché sono stati inventati gli spazi tra le parole nella scrittura latina?

L'introduzione, in quindici pagine, richiama alcuni punti base, spesso non così evidenti nemmeno agli addetti ai lavori:

1. le scritture mediterranee prealfabetiche dividevano le parole con spazi

2. le scritture alfabetiche, dal greco in poi, hanno fatto spesso a meno degli spazi tra le parole, che a Roma erano per esempio del tutto assenti nella scriptura continua di età imperiale - e che in effetti non sono del tutto indispensabili per decifrare un testo

3. a un certo punto, con modalità da precisare (nel corso del libro), tra il sesto e il dodicesimo secolo, anche nella scrittura latina sono comparsi gli spazi

4. l'esistenza di questi spazi permette al lettore di scorrere i testi in modo molto più rapido, evitando in pratica una fase di "interpretazione a voce" e consentendo la nascita del "reference reading" moderno.

Fermiamoci su quest'ultimo punto. Gli antichi sapevano leggere in silenzio, senza muovere la bocca? La risposta è incerta, perché il modo in cui gli autori antichi descrivono la lettura è in moltissimi casi ambiguo. Uno dei rari esempi di lettura sicuramente silenziosa viene citato da Saenger in nota , a p. 299: nelle Eroidi di Ovidio (XXI, 1-4) Cidippe scrive ad Aconzio dicendo di aver letto in silenzio l'ultima lettera ricevuta dall'amato. Ma, appunto, l'ha letta in silenzio come caso eccezionale e per precauzione:

Littera pervenit tua quo consuevit, Aconti
et paene est oculis insidiata meis.
Pertimui scriptumque tuum sine murmure legi,
iuraret ne quos inscia lingua deos.

Insomma, su questo punto Saenger si schiera lungo la linea di interpretazione, inaugurata credo da Nietzsche, che ritiene eccezionale il caso descritto da Agostino alla fine dell'età classica: Sant'Ambrogio che d'abitudine leggeva senza muovere la bocca, sorprendendo e turbando gli spettatori. Non tutti sono d'accordo con questa ricostruzione (per esempio, Mary Carruthers ne presenta una diversa in The book of memory), ma anche a me sembra la più plausibile sulla base dei dati forniti dai testi - oltre che la più suggestiva.

Il succo del discorso di Saenger è poi semplice: nel Medioevo i copisti hanno iniziato a suddividere la riga usando spazi bianchi tra caratteri. La cosa più sorprendente è però che, in una prima fase, a volte gli spazi non erano inseriti sistematicamente tra parole. Delimitavano solo blocchetti di testo, di quindici-venti caratteri. Saenger parla a questo proposito di "aerated script", e la descrizione di questo sistema, alle pp. 32-44, è interessantissima. In alcuni casi, per esempio partendo da manoscritti che presentavano una suddivisione grafica in frasi (cola e commata), il processo

... altered the composition of the written page from long word blocks roughly corresponding to grammatical units of meaning to shorter sub-blocks devoid of any but coincidental correspondence to syntactical units. While this process did not enhance the role of space as a cue to meaning, the greater frequency of space within texts must hava had direct and salutary implications for saccadic ocular movement (p. 33).

Preparare appigli per l'occhio, insomma, aiuta la decifrazione dei testi anche se si interviene in maniera casuale, senza connessione con il significato! Saenger non dimostra questo punto, ma le mie sensazioni sul modo in cui si decifra i testi sono del tutto in sintonia con questa ricostruzione.

Come poi si sia affermata la divisione moderna delle parole... questo lo racconta il resto del libro. Una ricostruzione piuttosto dettagliata, che spero di poter riassumere più avanti.

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