martedì 10 gennaio 2012

Stampatello maiuscolo in prima elementare

Anche se lavoro nel settore, mi guardo bene dall’interferire con quello che fanno i miei figli a scuola. Regola uno: mai mettere le mani nel lavoro degli insegnanti. La regola è facile da rispettare, credo, anche perché le scuole con cui abbiamo avuto a che fare sono sempre state di alto livello... Decisamente migliori di quelle in cui ho studiato io, tanto per fare un esempio.

Com’è ovvio, però, seguo con attenzione quello che viene fatto. In particolare per mia figlia, che quest’anno è in prima elementare e sta “imparando” a leggere e scrivere. Le virgolette ci vogliono perché, come in molti casi – non in tutti – i bambini ora arrivano in prima elementare sapendo già leggere e scrivere. A volte in modo non uniforme, beninteso: mia figlia ha imparato a scrivere quasi due anni fa, e si è regolarmente divertita a copiare scritte in stampatello, ma fino alla fine dell’anno non era mai riuscita a leggere. Con la scuola, subito prima delle vacanze ha imparato invece a leggere rapidamente e ad alta voce.

In ogni caso, l’insegnamento si è adattato alle circostanze. Ho visto che i metodi variano da classe a classe, ma nel nostro caso l’impostazione è stata questa:
  • partire dall’inizio dell’anno scrivendo su quadernoni A4 a quadretti di un centimetro
  • iniziare praticamente subito con i caratteri in stampatello maiuscolo (senza passare dalle fasi di “cornicine” che ancora oggi ricordo, dalla mia remota infanzia, come una noia mortale)
  • completare l’alfabeto in stampatello maiuscolo (cosa avvenuta alla fine di dicembre) prima di passare ad altri tipi di scrittura
  • scrivere un carattere per ogni quadretto
  • indicare la separazione tra le parole non con un quadretto bianco, ma con un quadretto che contiene un puntino
  • lasciare tra una riga di scrittura e l’altra una riga vuota, indicata da un puntino nel quadretto iniziale
  • soprattutto, copiare molti testi dalla lavagna
Come dicevo, non è un’impostazione universale. In molte scuole di Pisa, per esempio, i quattro tipi di scrittura previsti (stampatello maiuscolo e minuscolo, corsivo maiuscolo e minuscolo) vengono studiati contemporaneamente. Non so se ci siano studi scientifici sulla maggiore efficacia dell’un approccio o dell’altro... a una prima ricerca, non ne ho trovati; probabilmente, come per molte altre cose, sul lungo periodo le differenze di metodo non producono differenze misurabili di apprendimento, ma sarebbe interessante saper qualcosa di più.

Per quanto riguarda il disegno dei caratteri, se ho visto bene non viene data nessuna indicazione sul modo in cui devono essere tracciati (dall’alto, dal basso, etc.). O perlomeno, mia figlia esegue le sequenze in modo piuttosto idiosincratico – e anche qui mi chiedo se sia utile o meno dare indicazioni esplicite sul percorso migliore di tracciamento.

Le insegnanti, inoltre, hanno evitato di dare un nome alle lettere: invece di chiamarle “esse”, “zeta”, eccetera, mi sembra ci sia solo l’uso di dare la pronuncia corrispondente (s, z...). Nei casi in cui una lettera corrisponde a più di una pronuncia? Non so. Di sicuro, mi sembra che non venga nemmeno notato il fatto che una E può corrispondere a una e aperta o a una e chiusa, eccetera (il che in una scuola toscana non dovrebbe produrre particolari difficoltà).

A ogni modo, nella trascrizione di ieri (riprodotta qui sotto, in file ad alta definizione) direi che sono stati abbandonati i puntini tra le parole. Il programma prevede poi che si passi ai digrammi e ai trigrammi. Attendo con interesse.

10 commenti:

Francesca Scenini ha detto...

Grazie per il post. Mi viene da aggiungere lo spunto dell'ancor più varia situazione dove entrino anche in classe, già dal primo anno della scuola primaria, strumenti digitali di scrittura. Il docente in quel caso si deve muovere in un groviglio che include, tra le altre cose: scelte di percorso e metodo didattico, coordinamento tra le situazioni di diversa motricità e visione, potenzialità e limiti di entrambi gli strumenti (anche rispetto alla motivazione e al contesto). Nell'insieme, un panorama veramente complesso, la cui analisi, anche in prospettiva storica, credo fondamentale per pensare all'effettivo mutamento nella didattica e uso della lettoscrittura all'interno dell'istituzione scolastica. Sarebbe interessante seguirlo nella scuola italiana.

Licia ha detto...

Un libro sulla lettura che ho trovato molto interessante e che ha anche vari riferimenti alla scrittura è Proust and the Squid: The Story and Science of the Reading Brain di Maryanne Wolf.

Esiste una traduzione italiana ma la sconsiglio perché lascia moltissimo a desiderare, come avevo scoperto regalandola a un’insegnante italiana con la quale avevo parlato proprio del modo diverso con cui si insegnano le lettere dell’alfabeto in Italia (solo il fonema, per evitare confusione) e negli Stati Uniti (si impara subito nome, anche grazie a una canzoncina, ma possono esserci alcune curiose conseguenze: ne ho accennato in “Alphabet Song” e alcune differenze culturali).

Sempre a proposito di lettere, mi aveva detto che ai bambini italiani inizialmente si propongono le vocali e un gruppo ristretto di consonanti e si lavora solo con quelle finché i bambini scoprono il meccanismo di fusione della sillaba, poi si introducono le altre lettere, lasciando per ultime quelle caratterizzate da omografia, come C e G. Se ben ricordo, spesso nei cartelloni o materiale simile queste lettere vengono colorate metà di un colore e metà di un altro, proprio per ricordare che possono avere due suoni diversi (forse per questo nell’ultimo testo della bambina le sillabe che hanno /k/ come attacco sono scritte in rosso?).

Un’altra cosa di cui avevamo parlato era la scrittura in corsivo degli americani, che mi ha sempre colpita perché, a differenza del corsivo degli italiani, sembra variare molto poco da persona a persona, e in effetti pare che in America vengano date regole molto precise su come scrivere e collegare le lettere (esempio in Wikipedia). Avevo scoperto che anche in Italia è consigliabile insegnare alcune regole di base sulla direzionalità del gesto grafico ma se ho capito bene non tutti i bambini riescono a recepirle. E a proposito di corsivo, in Italia inizialmente viene preferito lo stampatello perché ha un alfabeto più semplice e più facile da riprodurre, mentre proporre tutti gli alfabeti contemporaneamente è sconsigliato perché crea confusione, specialmente nei bambini con problemi di dislessia o altro.

Mirko Tavosanis ha detto...

Ciao, Francesca! Sarebbe interessante, in effetti... il problema è che abbiamo ben pochi dati, mi sembra (o perlomeno, io non riesco a trovarli). Per esempio, c'è qualche pubblicazione che faccia anche semplicemente una stima di quante classi usino il sistema del "prima lo stampatello maiuscolo" e quante il sistema del "tutti i quattro tipi di scrittura assieme"? Ne dubito!

Mirko Tavosanis ha detto...

Ciao, Licia! Sì, quello dei nomi delle lettere è un problema...Personalmente, mi sembra comunque utile fornire ai bambini, da subito, un po' di terminologia metalinguistica.

In Italia questa diffidenza nei confronti dei nomi delle lettere è sicuramente diffusa, ma non saprei dire quanto - né quali siano le ragioni di questa diffusione: esperienza o pregiudizio? Io la trovo molto fastidiosa, poi, quando si passa alle lettere estranee al tradizionale alfabeto italiano... per indicare j a volte mi capita di dover dire "i lunga" (per gli anziani), "gèi" (per i giovani), e a volte né l'una né l'altra funziona! Idem per la ipsilon.

Sulle sillabe, di sicuro alcuni insegnanti - e, credo, la totalità dei logopedisti - insistono molto. Se avrò un attimo, cercherò di riportare anche qualche fotografia di esercizi con le combinazioni consonanti + sillabe. Nella seconda fotografia di questo post, però, l'esercizio rientra in una serie di attività in cui le CA, CO, CU devono essere colorate in modo diverso rispetto alle altre lettere.

Sul modo per tracciare i segni, mi sembra prevalga l'anarchia. Di sicuro non vedo traccia di esercizi per insegnare la direzione "giusta". Il che è una bella differenza rispetto alla situazione americana - per non parlare di quella cinese.

In quanto allo studio dei diversi alfabeti, genitori con figli che frequentano scuole in cui si insegna tutto contemporaneamente mi dicono che secondo loro i bambini "si confondono". Mi chiedo però se alla fine del lavoro ci siano differenze significative, per esempio, nei tempi di apprendimento... Qualcuno le avrà mai calcolate?

Francesca Scenini ha detto...

In effetti nemmeno ho mai trovato stime quantitative di questo tipo. Ho cominciato una riflessione su scrittura/strumenti analogici/digitali a scuola, per la mia tesi di dottorato http://www.scribd.com/doc/73482589/TransLiteracy-visions. Un lavoro sicuramente molto introduttivo, mentre sul contesto italiano niente più che osservazioni personali e poco strutturate. mi fa molto piacere il confronto qui, in attesa di occasioni di studio: grazie Licia per il suggerimento bibliografico =)

Cinzia e Franca ha detto...

Veramente un sito interessante da cui personalmente ricavo delle utilissime schede operative per l'acquisizione della direzionalità della scrittura c'è! E' questo http://www.bancadelleemozioni.it/
Per quanto riguarda l'uso dello stampato maiuscolo, le recenti indicazioni ministeriali lo "raccomandano" per prevenire la DSA Si consiglia l'uso dello stampato maiuscolo poiché è il carattere meno confondibile e che più viene utilizzato nella realtà circostante il bambino (insegne, cartelloni pubblicitari…) ed è quello più conosciuto dagli alunni.
Il carattere stampato maiuscolo risulta il più facile perché tutte le lettere occupano lo stesso spazio soprattutto in altezza. Non richiedono una valutazione percettiva in più. Se tracciamo un’asse di simmetria nelle lettere, i tratti distintivi sono tutti sulla destra e poiché la nostra scrittura e lettura va da sinistra verso destra, il momento di fissazione della lettura avviene sulla parte destra, per cui è più semplice memorizzare il grafema.
L’assenza di legami tra i singoli fonemi nella scrittura in stampato maiuscolo favorisce il lavoro di individuazione, analisi e riconoscimento delle lettere.
Il corsivo, pertanto, può essere tranquillamente acquisito in seconda quando tutti i bambini sanno leggere e scrivere fluentemente.

Mirko Tavosanis ha detto...

Ciao, Cinzia! Grazie per le indicazioni e per il link: il sito in effetti sembra interessante, e ha alcune schede con indicazioni per il tracciamento dei caratteri.
Per i caratteri, vedo che fai riferimento a questo manuale . Mi sembra un lavoro interessante per il metodo, ma vedo che poi le indicazioni pratiche sono piene di errori e di approssimazioni. Per esempio, mi chiedo che cosa significhi (a p. 12) il presentare sequenze come "scia" "come un unico fonema" (la terminologia linguistica sembra usata in buona parte a casaccio): probabilmente intende "come sillaba unica", ma in italiano questo è il caso di "ascia" e "lascia", ma non di "scia" o "sciare", in cui la i ha valore vocalico, non certo diacritico... per fortuna le maestre di solito sanno interpretare con buon senso indicazioni di questo genere! Però basterebbero due parole in più per rendere il tutto inequivocabile.Soprattutto, comunque, mi chiedo quante di queste indicazioni siano fondate su un vero studio dei risultati. I bambini imparano meglio se fanno il corsivo subito dopo lo stampatello? O è meglio separarli? O è indifferente? L'ordine seguito nella scuola di mia figlia mi sembra ragionevole, ma sarebbe interessante avere qualche lavoro ben fatto sull'argomento.

Marzia ha detto...

Vorrei tanto fosse possibile arginare questo dilagante quanto imbarazzante fenomeno per cui si è cominciato a parlare di 'stampato' come ulteriore tipologia di scrittura.. Mi consola vedere che c'è ancora qualcuno che è a conoscenza che esistano solo corsivo e stampatello! L'Italia, il Paese dell'ignoranza..

maestrafiorella ha detto...

Sono una insegnante di scuola primaria ora in pensione, ho letto i vostri post e vorrei intervenire solo in alcune delle cose che dite. Innanzitutto la scelta del carattere o caratteri da proporre è soggettiva e, comunque sempre valida, spesso ha una sua motivazione. Ogni volta che l'insegnante inizia un nuovo ciclo si trova ad operare con nuovi bambini che non conosce, sulla base di quanto emerge dall'osservazione sistematica e da prove oggettive iniziali imposta poi il proprio lavoro. Vorrei fare ancora alcune precisazioni che spiegano il perché a scuola si preferisce insegnare il suono delle consonanti piuttosto che il nome nella prima fase di apprendimento. Nella lingua italiana sappiamo tutti che ciascuna parola è composta da una o più sillabe e ciascuna sillaba da una o più consonanti seguite da una vocale. Bene provate a pensare alla difficoltà di un bambino a legare una consonante, di cui conosce solo il nome, con una vocale, ad esempio, emme÷a e alla facilita di legare un suono consonantico m÷a. È questo il più che valido motivo della scelta di cui si parla. Un'ultima cosa meglio non fare paragoni con l'apprendimento della scrittura e lettura in lingua inglese che è tutta un'altra storia. Vorrei concludere con una riflessione,meglio lasciare che ciascuno faccia il proprio mestiere senza interferire ed esprimere giudizi se non ne abbiamo le competenze. Vi chiedo scusa per il mio intervento.

Mirko Tavosanis ha detto...

Ciao, Fiorella! Grazie per il commento!

Per il nome delle lettere, preciso che le mie perplessità vengono soprattutto dall'esperienza: non solo i bambini, ma anche gli studenti più avanzati trovano spesso difficoltà a separare nomi e valori delle lettera, quando la confusione è diventata radicata.

Nessuno ovviamente propone di insegnare solo il nome delle lettere, indipendentemente dal suono. Il punto è insegnare anche il nome. Evitare di farlo porta tra l'altro a conseguenze assurde: in alcuni casi, che ho visto di persona, non si fa imparare a memoria nemmeno l'alfabeto (inteso come sequenza dei nomi delle lettere) e quindi nemmeno l'ordine alfabetico! Problema che in alcuni casi ho visto affrontato, incredibilmente, alle scuole medie, quando si nota che un/a ragazzina/o non ha la minima idea di come orientarsi in un dizionario su carta, perché farlo richiede che si conosca l'ordine alfabetico.

In realtà, il punto è semplicissimo: una lettera è un segno che può corrispondere a suoni diversi. Quando la cosa è stata compresa, non ci sono problemi a capire che il segno può valere /s/ in alcuni casi, /z/ in altri e così via. A quel che ne so, in tutti i paesi in cui si usa l'alfabeto latino i nomi delle lettere vengono quindi insegnati nel momento in cui si incomincia a usare il sistema. Ciò richiede un po' di tempo in più, rispetto... al non insegnarli; però non mi sembra che questo produca nessun disastro cognitivo. D'altra parte, l'insistenza sugli aspetti metalinguistici è giustamente ribadita nelle Indicazioni nazionali.

Una precisazione: non è vero che in italiano "ciascuna sillaba" è composta "da una o più consonanti seguite da una vocale". Lasciando da parte le semiconsonanti, sono normalissime anche le sillabe formate solo da vocali o le sillabe formate da vocale iniziale e consonante finale, e il bambino nato in Italia e con un po' di competenza attiva dell'italiano usa senza problemi tutti questi tipi di sillabe prima di entrare a scuola (mentre probabilmente non ha familiarità con le più rare sillabe che finiscono con due consonanti: feld-spa-to).

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