sabato 27 novembre 2010

Meccanica delle ore perse


Che cosa si fa quando gli studenti occupano e bloccano le lezioni? Domanda interessante, soprattutto quando i loro obiettivi (= fermare il percorso parlamentare del DDL sull'università) sono perfettamente ragionevoli e, per quel che mi riguarda, condivisi.

Dunque, protestare va benissimo. Salire sui tetti va bene... l'ho fatto anch'io (foto n. 8, in posa un po' improbabile). I cortei vanno bene. Le dichiarazioni di indisponibilità dei ricercatori non solo vanno bene, ma in molti casi cancellano una situazione di illegalità (visto che molti di noi, me compreso, dedicano a lezioni, esami e tesi più tempo di quanto permesso dalla legge, e fanno quindi una cosa che non si dovrebbe fare...).

Viceversa, bloccare traffico, treni e aerei non va bene, e basta. D'accordo, in Italia lo fanno tutti: da chi protesta per le multe delle quote latte fino ai tifosi. Però questo non rende meno odiose le prepotenze di questo tipo - neanche se fatte in nome di obiettivi meritevoli.

E bloccare le lezioni? Anche questo non va bene, ma per un breve periodo è tollerabile, e forse non ha troppi effetti. Certo, la pretesa di minoranze minuscole (di regola, partecipa attivamente alle proteste non più di un 5% di studenti) di parlare a nome di tutti è ridicola. E la pratica di impedire le lezioni bloccando le aule è, semplicemente, un atto di prepotenza.

Detto questo... Un pacco postale arriva o non arriva. Un treno è in orario o è in ritardo. Ma un corso universitario che funziona non è necessariamente un corso in cui tutte le ore sono svolte: il corso funziona se gli studenti imparano, punto. Le ore di lezione, da questo punto di vista, sono solo uno strumento al servizio di un risultato.

E quindi, le ore perse sono un problema? La sorpresa (ma non tanto, per gli addetti ai lavori) è che è molto difficile dirlo. Per l'Università di Pisa, attualmente, un credito corrisponde a 7 ore di lezione. Due anni fa corrispondeva a 6 ore: i corsi da 12 crediti sono passati quindi da 72 a 84 ore. Ciò significa che le conoscenze degli studenti sono aumentate del 15%? Difficile capirlo, ma, verosimilmente, no. Di sicuro, i programmi di molti corsi sembrano rimasti uguali, e il monte ore complessivo di impegno richiesto agli studenti non è variato.

In sostanza, l'insegnamento dà struttura allo studio, ma non sembra esista una proporzione diretta tra il tempo passato in aula e l'apprendimento. Come fa notare anche Luca Serianni, forse nella scuola italiana le ore di lezione sono / erano troppe. Anche nell'Università di Pisa la discussione sul numero di ore di lezione necessario per raggiungere un credito si muove tra le 5 (caldeggiate da molti docenti di Lettere e Filosofia) e le 8 (richieste, sembra, da molti docenti di facoltà scientifiche). Il tutto, ovviamente, a parità di risultati attesi, e in mancanza di dati solidi che dimostrino la maggiore efficacia di una soluzione o dell'altra.

Insomma, supponendo che la banda di oscillazione 5-8 corrisponda alla realtà, in un semestre con 10 o 11 settimane perfino tre o quattro settimane di blocco della didattica potrebbero non avere effetti pratici sull'insegnamento di molte materie. Questo non vuol dire che l'occupazione (non unanime) sia una forma di protesta accettabile: non si può imporre agli altri la propria volontà, se non nelle forme definite dalle leggi. Vuol dire però che questo sgarbo, a differenza di molti altri, forse non produce conseguenze di rilievo - e, paradossalmente, potrebbe addirittura portare a un apprendimento più efficace (!)... se, per esempio, i sostenitori delle 5 ore avessero ragione.

martedì 16 novembre 2010

Black & Decker


Una delle differenze fondamentali tra testi elettronici e testi su carta, comunque, è: la carta occupa spazio. E così, dopo anni di rinvii, finalmente ho comprato assi e viti e ho messo assieme una libreria per il garage. Il tutto, in sostanza, per contenere un bel po' di numeri di Topolino e Urania che altrimenti sarebbero rimasti nelle casse dell'ultimo trasloco. Non è una cosa sana... anche perché il valore di mercato del contenente, probabilmente, non è molto superiore al costo del legname necessario per contenerlo.

Però, tant'è... Una fila di titoli ben allineati è sempre una soddisfazione.

Prossimo passo - e lavoro per una delle prossime sere: riordinare la raccolta dei Pdf sul computer. Sarà più rapido, ma, temo, molto meno divertente.

mercoledì 3 novembre 2010

Serianni, L'ora di italiano


Tra un appuntamento e l'altro, oggi ho letto L'ora di italiano: scuola e materie umanistiche di Luca Serianni (uscito a luglio da Laterza, ristampato a ottobre, comprato al volo stamattina in Feltrinelli al prezzo di nove euro).

Di solito sono un po' diffidente verso i libretti-pamphlet di questo genere. Poco più di cento pagine, piccolo formato, caratteri grandi: il contenuto è di regola qualcosa che starebbe in venti o trenta pagine di rivista, e spesso è in qualche modo riciclato. Il nome di Serianni però è una garanzia, e anche se qui si vede una certa fretta di produzione, le circostanze in cui è stato realizzato il lavoro sono tali da dare un rilievo particolare al testo. Serianni infatti è stato consulente per l'ultima riforma dei programmi di liceo, e le sue opinioni hanno quindi avuto la possibilità di pesare in modo inconsueto.

All'interno del libro c'è, in un paio di punti (p. 40 e pp. 50-51), l'elogio del riassunto come strumento didattico. Del tutto in linea con questa impostazione, provo quindi a sintetizzare alcuni dei discorsi più interessanti - con l'avviso che, essendo questo un riassunto-per-linguisti, lascio fuori le considerazioni più generali (e, di regola, unanimamente condivise dagli addetti ai lavori) per concentrarmi solo su quelle che, in qualche misura, sono un po' più specifiche, e spesso più soggettive:
  • la competenza linguistica, a differenza di quella letteraria, si presta a essere misurata anche con domande "chiuse", ed è quindi facile da verificare (p. ix)
  • in un quadro di modeste prestazioni degli studenti italiani, "colpisce la scarsa padronanza del lessico astratto (...) e la regressione del lessico meno usuale" (p. x)
  • per l'insegnante, è importante "soprattutto" un requisito psicologico: "credere al lavoro che fa e scommettere su sé stesso" (p. xii)
  • primo capitolo: considerazioni di buon senso sulle diversità tra cultura umanistica e cultura scientifica
  • secondo capitolo: necessità della compresenza di "Scienze e lettere nella scuola"
  • la riforma Gelmini "va indubbiamente verso un riequilibrio tra discipline umanistiche e scientifico-tecnologice, reso ancora più evidente dalla complessiva riduzione del monte ore: una riduzione dipendente dalla scelta o dalla necessità di economizzare - impossibile negarlo -, ma sostenibile anche col principio pedagogico di ridurre le ore di presenza degli alunni a scuola, repingendo la correlazione più ore = più profitto scolastico" (pp. 19-20)
  • inevitabile potenziare l'inglese, ma "lascia perplessi la norma di prevedere fin d'ora nell'ultimo anno l'uso della lingua straniera per una disciplina non linguistica": sia perché i docenti non sono preparati, sia perché questo potrebbe comportare l'abbandono della capacità di trasmettere alcune materie scientifiche in italiano, e non è pensabile che in settori del genere " lingua rinunci a una e di sovranità (...) appaltandola a una lingua straniera" (pp. 20-21)
  • comunque, ci sono riserve sull'aumento di alunni per classe (p. 21)
  • ormai c'è "marginalizzazione del liceo classico rispetto al liceo scientifico, che rappresenta ormai la scelta non marcata per (...) una preparazione generalista per poi continuare gli studi universitari"; come esito, il classico si è femminilizzato e meridionalizzato (p. 22)
  • il latino si è indebolito (e perde ore, nei programmi post-riforma) per queste ragioni e per una serie di fattori aggiuntivi, tra cui la riduzione di prestigio (p. 23)
  • in realtà, al di là dei molti discorsi pro e contro, il latino è importante per il "suo significato storico", e in alcune scuole è bene mantere "il contatto diretto con i testi originali" (p. 28)
  • d'altra parte, il peso della versione classica dovrebbe essere ridimensionato nella didattica del latino (pp. 29-36)
  • il docente d'italiano nella secondaria inferiore e superiore deve fare diverse cose contemporaneamente: "insegnare la lingua, prima di tutto", stimolare l'interesse per la lettura, avviare alla conoscenza dei classici, alimentare discussioni su temi di attualità (p. 37)
  • più che chiedere opinioni su temi difficili da inquadrare bene, i docenti dovrebbero sviluppare nei discenti "i meccanismi dell'argomentazione" (p. 38)
  • esempio di "una lezione sul barocco che valorizzi il rapporto con la pittura coeva", prendendo spunto da Mattia Preti - esempio, devo dire, ben poco credibile, in base alla mia esperienza della didattica liceale! (pp. 41-42)
  • importanza del rigore nella valutazione (pp. 42-44), anche perché i problemi di lingua impediscono il successo in pratica in qualunque altra materia (p. 44)
  • nella scuola dell'obbligo tutti devono essere portati a determinati obiettivi, ma nelle fasce successive occorre discriminare il valore e non cancellare la responsabilità dei singoli (p. 45)
  • esempi di esercizi divertenti (beh, più o meno...) per i vari livelli di scuola (pp. 46-50), e di verifiche di comprensione del testo a livello avanzato (pp. 51-52)
  • i problemi del tema e quelli delle prove alternative (pp. 53-60)
  • sesto capitolo: i problemi delle grammatiche contemporanee, con qualche suggerimento per intervenire sui punti critici (pp. 61-75)
  • settimo capitolo: il problema dell'arricchimento lessicale, con progetto di far arrivare tutti i diciottenni scolarizzati al livello di competenza necessario a "capire pienamente l'editoriale di uno dei grandi quotidiani" (p. 77)
  • ottavo capitolo: spunti didattici sulla letteratura a scuola, con osservazioni su come alcuni fenomeni linguistici in Dante possano essere illustrati solo in un corso universitario, altri nello studio liceale, e altri ancora debbano essere proposti all'attenzione di tutti (p. 91)
  • nono capitolo: insegnamento dei classici, e mantenimento della lettura dei testi più antichi in lingua originale
Gli argomenti presentati sono, come si vede, molto variegati; così come sono d'altronde variegate le richieste fatte dal sistema scolastico agli insegnanti di "italiano". Devo dire, però, che gli esempi di didattica forniti mi hanno lasciato sistematicamente perplessità - sembrano tutti più "giochini" creativi che tasselli di una formazione completa. E, più in generale, mi sembra che qui svolgano un ruolo un po' troppo periferico gli obiettivi di fondo, che in un'ottica più alla De Mauro darebbero ragione al tutto: fornire padronanza della lingua per permettere di accedere alle informazioni, ragionare sulle cose e comunicare in modo efficace.
Creative Commons License
Blog di Mirko Tavosanis by http://linguaggiodelweb.blogspot.com is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License.