Tra un appuntamento e l'altro, oggi ho letto L'ora di italiano: scuola e materie umanistiche di Luca Serianni (uscito a luglio da Laterza, ristampato a ottobre, comprato al volo stamattina in Feltrinelli al prezzo di nove euro).
Di solito sono un po' diffidente verso i libretti-pamphlet di questo genere. Poco più di cento pagine, piccolo formato, caratteri grandi: il contenuto è di regola qualcosa che starebbe in venti o trenta pagine di rivista, e spesso è in qualche modo riciclato. Il nome di Serianni però è una garanzia, e anche se qui si vede una certa fretta di produzione, le circostanze in cui è stato realizzato il lavoro sono tali da dare un rilievo particolare al testo. Serianni infatti è stato consulente per l'ultima riforma dei programmi di liceo, e le sue opinioni hanno quindi avuto la possibilità di pesare in modo inconsueto.
All'interno del libro c'è, in un paio di punti (p. 40 e pp. 50-51), l'elogio del riassunto come strumento didattico. Del tutto in linea con questa impostazione, provo quindi a sintetizzare alcuni dei discorsi più interessanti - con l'avviso che, essendo questo un riassunto-per-linguisti, lascio fuori le considerazioni più generali (e, di regola, unanimamente condivise dagli addetti ai lavori) per concentrarmi solo su quelle che, in qualche misura, sono un po' più specifiche, e spesso più soggettive:
- la competenza linguistica, a differenza di quella letteraria, si presta a essere misurata anche con domande "chiuse", ed è quindi facile da verificare (p. ix)
- in un quadro di modeste prestazioni degli studenti italiani, "colpisce la scarsa padronanza del lessico astratto (...) e la regressione del lessico meno usuale" (p. x)
- per l'insegnante, è importante "soprattutto" un requisito psicologico: "credere al lavoro che fa e scommettere su sé stesso" (p. xii)
- primo capitolo: considerazioni di buon senso sulle diversità tra cultura umanistica e cultura scientifica
- secondo capitolo: necessità della compresenza di "Scienze e lettere nella scuola"
- la riforma Gelmini "va indubbiamente verso un riequilibrio tra discipline umanistiche e scientifico-tecnologice, reso ancora più evidente dalla complessiva riduzione del monte ore: una riduzione dipendente dalla scelta o dalla necessità di economizzare - impossibile negarlo -, ma sostenibile anche col principio pedagogico di ridurre le ore di presenza degli alunni a scuola, repingendo la correlazione più ore = più profitto scolastico" (pp. 19-20)
- inevitabile potenziare l'inglese, ma "lascia perplessi la norma di prevedere fin d'ora nell'ultimo anno l'uso della lingua straniera per una disciplina non linguistica": sia perché i docenti non sono preparati, sia perché questo potrebbe comportare l'abbandono della capacità di trasmettere alcune materie scientifiche in italiano, e non è pensabile che in settori del genere " lingua rinunci a una e di sovranità (...) appaltandola a una lingua straniera" (pp. 20-21)
- comunque, ci sono riserve sull'aumento di alunni per classe (p. 21)
- ormai c'è "marginalizzazione del liceo classico rispetto al liceo scientifico, che rappresenta ormai la scelta non marcata per (...) una preparazione generalista per poi continuare gli studi universitari"; come esito, il classico si è femminilizzato e meridionalizzato (p. 22)
- il latino si è indebolito (e perde ore, nei programmi post-riforma) per queste ragioni e per una serie di fattori aggiuntivi, tra cui la riduzione di prestigio (p. 23)
- in realtà, al di là dei molti discorsi pro e contro, il latino è importante per il "suo significato storico", e in alcune scuole è bene mantere "il contatto diretto con i testi originali" (p. 28)
- d'altra parte, il peso della versione classica dovrebbe essere ridimensionato nella didattica del latino (pp. 29-36)
- il docente d'italiano nella secondaria inferiore e superiore deve fare diverse cose contemporaneamente: "insegnare la lingua, prima di tutto", stimolare l'interesse per la lettura, avviare alla conoscenza dei classici, alimentare discussioni su temi di attualità (p. 37)
- più che chiedere opinioni su temi difficili da inquadrare bene, i docenti dovrebbero sviluppare nei discenti "i meccanismi dell'argomentazione" (p. 38)
- esempio di "una lezione sul barocco che valorizzi il rapporto con la pittura coeva", prendendo spunto da Mattia Preti - esempio, devo dire, ben poco credibile, in base alla mia esperienza della didattica liceale! (pp. 41-42)
- importanza del rigore nella valutazione (pp. 42-44), anche perché i problemi di lingua impediscono il successo in pratica in qualunque altra materia (p. 44)
- nella scuola dell'obbligo tutti devono essere portati a determinati obiettivi, ma nelle fasce successive occorre discriminare il valore e non cancellare la responsabilità dei singoli (p. 45)
- esempi di esercizi divertenti (beh, più o meno...) per i vari livelli di scuola (pp. 46-50), e di verifiche di comprensione del testo a livello avanzato (pp. 51-52)
- i problemi del tema e quelli delle prove alternative (pp. 53-60)
- sesto capitolo: i problemi delle grammatiche contemporanee, con qualche suggerimento per intervenire sui punti critici (pp. 61-75)
- settimo capitolo: il problema dell'arricchimento lessicale, con progetto di far arrivare tutti i diciottenni scolarizzati al livello di competenza necessario a "capire pienamente l'editoriale di uno dei grandi quotidiani" (p. 77)
- ottavo capitolo: spunti didattici sulla letteratura a scuola, con osservazioni su come alcuni fenomeni linguistici in Dante possano essere illustrati solo in un corso universitario, altri nello studio liceale, e altri ancora debbano essere proposti all'attenzione di tutti (p. 91)
- nono capitolo: insegnamento dei classici, e mantenimento della lettura dei testi più antichi in lingua originale
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