giovedì 21 settembre 2017

Tavosanis, Libraries, Linguistics and Artificial Intelligence

  
 
Da pochi giorni è uscito un mio nuovo articolo sugli intrecci tra informatica e linguistica. L’articolo si intitola Libraries, Linguistics and Artificial Intelligence: J. C. R. Licklider and the Libraries of the Future ed è stato pubblicato dalla rivista JLIS.it, Italian Journal of Library, Archives, and Information Science
 
La base non troppo remota di questo articolo è un intervento che ho tenuto a Parigi nel 2013 a proposito dei pionieristici lavori di Licklider. La base più remota è una serie di riflessioni mie (in parte presentate anche su questo blog) sui vantaggi e sui limiti delle interfacce grafiche per i sistemi informatici. Licklider è stato, in particolare negli anni Sessanta, una delle persone che hanno contribuito di più a creare i moderni sistemi di interazione con i computer… però, prima di incoraggiare il modello poi vincente, aveva fatto numerose sperimentazioni.
 
Il modello vincente ha poi nascosto molte alternative. Tornando indietro nel tempo, quindi, le idee più vecchie di Licklider sono molto interessanti da studiare, per vedere in che modo avrebbero potuto andare le cose. Nel mio articolo mi concentro in particolare su un fondamentale rapporto tecnico di Licklider, pubblicato in volume nel 1965: Libraries of the Future. L’interazione prospettata lì era ancora basata sul sogno di poter elaborare facilmente il linguaggio naturale; nel giro di pochi anni, il sogno si sarebbe scontrato con la realtà – ma adesso che la tecnologia si è evoluta, secondo me vale la pena tornare un po’ indietro e trovare qualche spunto interessante.
 
Mirko Tavosanis, Libraries, Linguistics and Artificial Intelligence: J. C. R. Licklider and the Libraries of the Future, JLIS.it, settembre 2017, v. 8, n. 3, pp. 137-147, ISSN 2038-1026, doi:http://dx.doi.org/10.4403/jlis.it-12271.
 

giovedì 14 settembre 2017

Le biciclette di Shantiniketan


 
Quest’anno non sono riuscito a raccontare tutti i miei viaggi. Per esempio, durante il mio ultimo soggiorno indiano, a febbraio, ho fatto un bellissimo viaggio nel Bengala occidentale, a Kolkata (che per la mia generazione è ancora Calcutta) e a Shantiniketan, ma ancora non ne ho parlato qui.
 
Forse oggi pochi si ricordano che cos’è stata e che cos’è Shantiniketan (শান্তিনিকেতন in bengalese): ancora non c’è nemmeno una voce dedicata su Wikipedia in lingua italiana. Comunque, è il posto in cui Rabindranath Tagore visse e lavorò per buona parte della sua vita. Tagore tra le altre cose aprì una scuola, che ancora prosegue le attività, e nel 1921 fondò anche un’università, la Vishva-Bharati  dedicata a fare da punto di contatto tra la cultura indiana e quella mondiale. Alle spalle c’era un’idea originale di mediazione. E quelli che decidono di cercare di prendere il meglio dal mondo, ma ripensando le cose a modo loro, a me sono sempre piaciuti.
 
Oggi a Shantiniketan l’università ha un’impostazione più tradizionale, ma include ancora un insegnamento dell’italiano - tenuto dalla professoressa Indrani Das, che ho avuto la fortuna di incontrare. Però, arrivando ai nuovi palazzoni di cemento che ospitano l’università di Shantiniketan, ammetto che la prima cosa che ho notato è stato il parcheggio biciclette. 

 


Non me ne ero neanche accorto, ma dopo un mese a Delhi, con il suo traffico terribile, sentivo la mancanza delle biciclette. Qualcuna si vede anche a Delhi, beninteso. Ma sommersa tra macchine, risciò a motore e così via. Tra una cosa e l’altra, quest’anno mi è capitato poco di prendere perfino i risciò a pedali. E non è che a Kolkata le cose vadano molto meglio.


 
A Shantiniketan no. Aiutate dalla presenza degli studenti, le biciclette sono dappertutto: sembrava quasi di essere a Pisa, ma con meno macchine. Comunque le usano tutti: uomini e donne, giovani e vecchi, studenti e operai, ragazzini in jeans e distinte signore in sari.


Poi ovviamente su ogni bicicletta c’era qualcuno a pedalare. Qualcuno aveva la faccia preoccupata, qualcuno la faccia scura… siamo esseri umani, in fin dei conti. Ma la maggior parte della gente aveva una faccia soddisfatta.



 
Negli ultimi anni ho passato molto tempo a cercare di capire il modo in cui le tecnologie della comunicazione influenzano gli esseri umani. Più il tempo passava, più mi sono messo a ridimensionare gli effetti inevitabili. Sì, uhm, a volte il mezzo di comunicazione è il messaggio, o aiuta un po’ a dare forma al messaggio, ma in sostanza i condizionamenti dello strumento dipendono molto dall’uso che se ne fa, e le nostre scelte cambiano molto le cose (v. Tagore)…

 


Ecco, la bicicletta è un po’ in controtendenza, nella mia visione del mondo. È qualcosa che quasi inevitabilmente fa star meglio. In bicicletta, tutto è un’altra cosa. Il viaggio a Shantiniketan è stato bello anche per quello.
 

giovedì 7 settembre 2017

Tavosanis, Storie informatiche


Comics & Science, The Babbage Issue


Forse non tutti sanno che il Consiglio Nazionale delle Ricerche pubblica una rivista divulgativa a fumetti: Comics and Science. Nel giugno di quest’anno è uscito il primo numero del 2017, intitolato The Babbage Issue (sì, un po’ troppo inglese, secondo i miei gusti...).

In questo caso, il fumetto centrale è Il segreto di Babbage, una storia scritta da Alfredo Castelli e disegnata da Gabriele Peddes. Il soggetto è ovviamente il lavoro di Babbage e la sua Macchina Analitica; sulla trama, invece, meglio non rivelare nulla. Ma per quanto riguarda i personaggi, va detto che uno dei protagonisti della storia è il mio amico e collega Fabio Gadducci, disegnato al meglio nella sua veste di Direttore del Museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa e in un ruolo a lui congeniale!
 


 
Tra i materiali d’accompagnamento comunque c’è anche un mio articolo intitolato Storie informatiche: una rassegna degli intrecci tra informatica e narrativa di fantascienza. Fin dalle origini, infatti, i “cervelli elettronici” hanno esercitato effetti molto profondi sull’immaginario. La narrativa a volte ha accompagnato l’evoluzione della tecnica, a volte è rimasta indietro e a volte è stata diretta fonte di ispirazione – come nel caso del cyberpunk e della realtà virtuale. Insomma, una storia sempre molto interessante, anche se qui vista solo per sommi capi.
 
Mirko Tavosanis, Storie informatiche, in Comics and Science 1, 2017, ISBN 9788880802419 pp. 42-45.
 

martedì 5 settembre 2017

Le ragioni di uno sciopero

  
 
In questi giorni è in corso uno sciopero dei docenti universitari. È uno sciopero molto discreto, e consiste semplicemente nel rinvio del primo esame della sessione d’autunno, iniziata in molte università il 28 agosto.
 
Le modalità dello sciopero, approvate dalla Commissione di Garanzia, sono piuttosto complesse: il dettaglio si trova sul sito del “Movimento per la Dignità universitaria”, che ha proclamato lo sciopero.
 
Le motivazioni dello sciopero invece non sono affatto complesse. I docenti universitari hanno gli scatti di stipendio bloccati dal 2010. Per qualunque categoria di lavoratori questa sarebbe una ragione sufficiente per scioperare, ma nel caso dei docenti universitari la ragione è rafforzata dal fatto di essere in pratica gli unici dipendenti pubblici a cui ancora si applica questa misura. Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici è infatti partito nel 2010 in risposta alla crisi economica. Ci poteva anche stare, in un momento di difficoltà per le finanze pubbliche… ma alcune categorie di dipendenti, a cominciare dai magistrati, sono state esentate subito dal blocco; altre, dalle forze di polizia agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, hanno avuto gradualmente scatti e avanzamenti. Oggi i docenti universitari sono rimasti l’unica categoria con stipendio bloccato, e l’unica per cui si prevede che, anche alla rimozione del blocco, gli aumenti di stipendio non partiranno dal “dove avrebbero dovuto arrivare”, ma dal “dov’erano nel 2010”.
 
Queste circostanze sarebbero già più che sufficienti per una protesta (anzi, la cosa incredibile è che la protesta non ci sia stata in precedenza), e io ho tutte le intenzioni di partecipare allo sciopero. Tuttavia, come precisano anche i documenti del Movimento, la questione degli scatti è solo l’ultima goccia. Negli ultimi anni le condizioni di lavoro della docenza universitaria sono peggiorate su tantissimi fronti: più lavoro, più studenti, più burocrazia, meno soldi, a un livello che mi sembra abbia davvero pochi termini di confronto tra i dipendenti pubblici italiani, e non solo.
 
In ogni sciopero c’è un po’ di dispiacere. Spiace portare un disagio (per quanto contenuto) agli studenti. Spiace perdere anche una parte di stipendio – e su questo vale la pena ricordare che, per un lavoro come quello universitario, in cui ogni docente è responsabile di ciò che fa, di regola non è che in un giorno di sciopero uno se ne va a passeggio: anche nel giorno di sciopero degli esami si lavora come in un giorno normale.
 
Però c’è un equilibrio tra il contribuire generosamente a uno sforzo comune e il sostenere legittimamente la propria causa. Io credo che l’università abbia un ruolo centrale nello sviluppo della società… e, sì, certo, in questo forse sono (comprensibilmente) di parte. Però, anche mettendosi nei panni altrui, tra tutte le categorie dei dipendenti pubblici italiani non vedo proprio la minima ragione per cui i docenti universitari debbano essere considerati meno importanti degli altri. Iniziare a riportare risorse e ragionevolezza nel sistema mi sembra quindi indispensabile.
 

venerdì 1 settembre 2017

Ultimi interventi sul sito Treccani


 
Sul sito Treccani.it sono usciti nei primi mesi dell’anno diversi interventi miei. Non ne avevo ancora parlato su questo blog, ma rimedio adesso.
 
Il primo è stato un intervento su L’italiano e gli assistenti vocali, una rapida sintesi di argomenti su cui ho appena finito di scrivere un libro di prossima pubblicazione.
 
Il secondo contributo ha riguardato Il futuro in vesti classiche di Damiano Malabaila, cioè l’intreccio tra linguaggio e narrativa di genere nelle opere fantascientifiche di Primo Levi.
 
 
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