Tra i regali di Natale ho ricevuto anche, ben gradito, un libro del venezuelano Fernando Báez: la Storia universale della distruzione dei libri: dalle tavolette sumere alla guerra in Iraq (Roma, Viella, 2007, ristampa 2010, ISBN 978-88-8334-223-3, pp. xiv + 385; il libro si presenta come “edizione italiana rivista e ampliata” della Historia universal de la destrucción de libros: de las tablillas sumerias a la guerra de Irak, Ediciones Destino, Barcelona, 2004; la traduzione è di Paolo Galloni e Marco Palma).
Il libro non è privo di difetti. Da un lato, la traduzione e la cura editoriale non sono di ottimo livello; dall’altro, ci sono diversi problemi interni.
Il libro è volutamente acritico, e non tenta per esempio di sistematizzare le cause della distruzione, o di descrivere il modo in cui queste si sono trasformate nel tempo. Il che fa sì che in sostanza sia una lunga lista di eventi di distruzione, da un minimo (manoscritti che l’autore stesso getta nel fuoco: elencati in particolare alle pp. 254-258) a un massimo (persecuzioni sistematiche). Nulla di male in questo, se non fosse che la lista ogni tanto sfugge di mano all’autore. Il grosso del contenuto è infatti disposto in ordine cronologico, ma ogni tanto l’esposizione torna all’indietro nel tempo, spesso senza che vi sia un motivo evidente per farlo: il caso dei documenti requisiti dai franchisti durante la guerra civile spagnola viene quindi, per esempio, presentato due volte (alle pp. 224 e 276), in due capitoli diversi che in parte si sovrappongono.
A un altro livello, non tutte le descrizioni degli eventi sono chiare – l’autore spesso punta a uno stile più evocativo che informativo e quindi a volte si rimane in dubbio su ciò che significhino le sue parole, cosa che ha ovviamente controindicazioni in un libro del genere. Inoltre a volte le descrizioni sono accompagnate da informazioni sulle fonti... e a volte no, in modo piuttosto casuale. E lo stesso accade per le informazioni sul contesto storico. A volte ci sono, e a volte no.
A un altro livello, non tutte le descrizioni degli eventi sono chiare – l’autore spesso punta a uno stile più evocativo che informativo e quindi a volte si rimane in dubbio su ciò che significhino le sue parole, cosa che ha ovviamente controindicazioni in un libro del genere. Inoltre a volte le descrizioni sono accompagnate da informazioni sulle fonti... e a volte no, in modo piuttosto casuale. E lo stesso accade per le informazioni sul contesto storico. A volte ci sono, e a volte no.
In sostanza: se questo libro fosse consegnato come prova di fine corso per uno dei miei Laboratori di scrittura, dal punto di vista formale dovrei richiedere come minimo una passata di correzione. Però è evidente che dietro c’è un lavoro notevole, e a volte utile. Gli esempi di distruzione citati sono veramente centinaia, e alcuni sono piuttosto peregrini. Sarebbe stato senz’altro un libro migliore se avesse affrontato il suo affascinante argomento con spirito sistematico. Non è successo? Pazienza.
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