domenica 30 ottobre 2011

La lingua moderna dei romanzi storici


Giusto poche settimane fa parlavo del problema della ricostruzione della lingua parlata in passato.

L'altro ieri mi è arrivata una copia degli atti del convegno di Varsavia, pubblicati con il titolo Finzione cronaca realtà. Scambi, intrecci e prospettive nella narrativa italiana contemporanea, a cura di Hanna Serkowska (Massa, Transeuropa, 2011; ISBN 978-88-7580-146-5, 25 €). All’interno c’è anche il mio contributo dedicato a La lingua moderna dei romanzi storici (pp. 335-346), che è stato il punto di partenza della discussione sulla lingua parlata in passato.

Il contributo definitivo descrive i modi attualizzati per rappresentare il linguaggio del passato in alcuni romanzi italiani contemporanei: Q, Altai e Manituana di Luther Blissett / Wu Ming, più la trilogia di Magdeburg di Alan D. Altieri (l’aspetto più vistoso di questa attualizzazione è l’ampio uso di parolacce - che però non sono certo un’invenzione moderna!). In più, in chiusura c’è un rapido confronto con la lingua di alcuni romanzi paragonabili in lingua inglese, dal ciclo 1632 di Eric Flint fino al Baroque Cycle di Neal Stephenson.

Fuori verbale, devo poi dire che alcuni di questi modi per attualizzare la lingua del passato mi convincono. I meccanismi usati in Q e, più ancora, quelli della trilogia di Magdeburg mi sembrano ben collocati nel racconto; leggendoli, non ho l’impressione di qualcosa fuori posto.  

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