Ho finito di leggere Space between words di Paul Saenger e adesso lo sto schedando e controllando. Come spesso accade, poi, i controlli sono interessanti quanto e più del testo in sé... Alla fine, mi sono messo a leggere il testo in parallelo a Pause and effect di M. B. Parkes (1992), di cui spero di parlare più avanti, e il confronto mi ha chiarito diverse cose.
Una prima nota, intanto, serve a ricordare che su un argomento di paleografia, il corredo di immagini, cioè di riproduzioni di manoscritti, è determinante. Eppure le riproduzioni, in entrambi i libri, hanno diversi limiti
Innanzitutto, nel libro di Saenger sono relativamente poche, e poco curate. Trentaquattro in tutto, e l'ultima, presentata a p. 229, è pure stampata male, essendo invertita specularmente. Errore che tra l'altro fa capire che il testo riprodotto non era poi molto leggibile, a colpo d'occhio... chissà quanti si saranno accorti dell'inversione? In altri casi (per esempio, nelle figg. 24, 27, 28) vengono riportate sezioni dell'originale in taglio un po' approssimativo, che nasconde parti di lettere (tratto comune al libro di Parkes), e in altri ancora la riproduzione è sfocata o sgranata.
In secondo luogo, le caratteristiche fisiche dei volumi pongono limiti precisi. Le dimensioni del libro di Saenger sono quelle del saggio umanistico tradizionale: 22,7 x 15 cm, cioè 340 centimetri quadrati, cioè un'area molto ridotta, rispetto a quella di diversi manoscritti fonte. La qualità fotografica e quella tipografica, come già detto, non sono di livello eccelso, e il supporto, normale carta porosa, peggiora ulteriormente la situazione. Per fortuna, in molti casi il fenomeno descritto si individua bene anche attraverso questi ostacoli - ma la leggibilità non è certo alta. Nel libro di Parkes la qualità delle riproduzioni è molto superiore, così come lo sono la carta (patinata) e le dimensioni (27,4 x 21,5 cm, cioè un'area quasi doppia, con 590 centimetri quadrati); anche qui, però, siamo spesso ben lontani dalle misure degli originali.
Le caratteristiche fisiche, inoltre, non sono tutto: Parkes accosta alle proprie riproduzioni anche trascrizioni del testo originale, traduzioni, note e numeri di riga, il che rende molto più semplice l'individuazione dei tratti commentati. Niente di tutto questo in Saenger. Beninteso, per fortuna in quest'ultimo libro buona parte dei testi riprodotti è scritta in latino, e in grafie che, essendo anteriori al XIII secolo, sono di solito molto leggibili. Però, per esempio, la fig. 9 dovrebbe illustrare la presenza di "hierarchical word blocks in the English translation of Orosius's Seven Books Against the Pagans" (p. 42), con spazi relativamente ampi usati solo per separare parole e spazi relativamente ridotti usati sia per separare parole sia per separare sillabe con valore di morfemi. Benissimo... solo che il manoscritto resta, per lingua e per grafia, ben poco accessibile a lettori come me: la trascrizione del testo originale avrebbe permesso di verificare meglio l'affermazione.
Soprattutto, infine, in nessuno dei due libri le immagini vengono elaborate per facilitare l'individuazione dei fenomeni. Saenger presenta alcuni ingrandimenti di particolari sezioni dei testi, il che è già un passo avanti rispetto alle pagine intere. Poi però non ci sono frecce, indicatori, evidenziazioni... Il che contribuisce a rendere frequenti situazioni come quella che ho già descritto qualche settimana fa: si cerca di verificare un dettaglio e non ci si riesce. Isolare una riga di testo e accompagnarla con frecce in cui si indicano i caratteri o i fenomeni cui si fa riferimento: non è difficile, però qui non viene fatto.
Come mai accettiamo d'abitudine questi difetti in lavori specialistici di questo tipo - e, aggiungo, di questa qualità? Alla radice, penso che sia solo perché la tecnologia tipografica ancora oggi si fonda su una separazione radicale tra chi scrive e chi impagina, e ancor più tra chi scrive e chi gestisce le immagini. E poi, possiamo dare per scontato che chi studia manoscritti medievali non sappia usare, per esempio, Photoshop. O no?
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