La tesi di base di Nicholas Carr in
The Shallows è che Internet rende le persone meno intelligenti. Tesi ben argomentata (nei limiti in cui può esserlo una cosa del genere, visto lo stato attuale delle conoscenze), e in molti punti convincente. Tesi perfino vera, forse, per quanto riguarda i singoli individui. Tesi probabilmente sbagliata per quanto riguarda l'assieme della società.
Cosa interessante, Carr si basa molto, per la ricostruzione storica, di due libri di cui ho parlato a lungo anch'io:
Space between words di Paul Saenger e
Proust and the squid di Maryanne Wolf. Il secondo, perché buona parte di
The shallows è dedicata a spiegare l'ovvio: che il cervello di chi legge è più abituato a, ahem, leggere... e che, svolgendo spesso la stessa attività, diventiamo più bravi a farla.
Una cosa che però mi sorprende molto, in libri di questo genere, è la mancanza di riferimenti alle pressioni esterne. Se davvero Internet rende più superficiali, non dovrebbe esserci grande richiesta di persone che
non sono state rovinate in questo modo? Se la nostra memoria se ne va perché la esternalizziamo, quanto dovremo pagare, per esempio, i piloti d'aereo? O i chirurghi? O, in genere, chiunque abbia bisogno di memorizzare un po' di informazioni complesse per portare a compimento il proprio lavoro.