mercoledì 22 agosto 2012

Barton, Literacy


 
La seconda edizione del libro di David Barton Literacy: an introduction to the ecology of written language (Malden, Oxford e Carlton, Blackwell, 2007, ISBN 1-4051-1114-3, pp. xi-245) è un testo importante. Non perché sia particolarmente brillante o contenga idee straordinarie, anzi. Ma perché rappresenta, a quel che vedo, la migliore sintesi aggiornata di ciò che oggi si sa sull’argomento literacy. Parola che purtroppo nell’uso corrente italiano non ha un equivalente valido. La si può tradurre come “alfabetizzazione” o più genericamente come “capacità di usare la lettura o la scrittura”; però “alfabetizzazione” ha connotazioni fastidiose (per esempio: la literacy non riguarda solo le scritture alfabetiche, né si limita alle competenze di base), e ricorrere a giri di parole non è mai agevole...
 
Pazienza. Come male minore, qui e altrove, parlerò di “alfabetizzazione” indicando con questa parola anche le capacità descritte dalla literacy. La cosa non è priva di rischi, naturalmente: come si vede dai problemi che molti italiani, anche istruiti, incontrano quando devono maneggiare categorie come “analfabetismo funzionale” e simili. Ma proprio la lettura di questo libro può essere un ottimo antidoto. L’autore è un docente universitario inglese e ha deciso di preparare un’“introduction to literacy studies for students and for general readers” (p. viii); il risultato è molto positivo e permette di aggiornarsi su un argomento che negli ultimi decenni ha conosciuto mode e contromode, venendo rovesciato più volte come un calzino. Non è quindi difficile imbattersi oggi in testi che, parlando di alfabetizzazione o linguaggio, si rifanno a teorie superate da decenni – se la diffusione di questo libro contribuisse a ridurre i casi di questo tipo, sarebbe già uno splendido risultato.
 
Un altro splendido risultato si avrebbe se venisse ridotto il numero di spiegazioni semplicistiche e miracolistiche. Il libro parte fin dal sottotitolo dall’idea che l’alfabetizzazione viva all’interno di una vera e propria ecologia, in cui molte cose sono intrecciate. In cui, per esempio, ciò che si impara a scuola viene integrato da ciò che si impara a casa, in cui capacità che sulla carta sembrerebbero molto pratiche si rivelano poi, in ambienti specifici, inutili, e così via. Il libro non è quindi riconducibile a uno slogan: se se ne volesse trovare uno sarebbe “è tutto molto complicato”. Il che va benissimo, perché l’alfabetizzazione è un’ecologia, e le cose sono complicate, e chi in questo settore fornisce spiegazioni semplici, e soluzioni semplici, di regola sbaglia. Situazione che Barton tratta più volte, in particolare nei capitoli 2 e 11; e deve farlo, perché le politiche sull’alfabetizzazione sono uno dei punti centrali di società che si vantano di essere “dell’informazione” e mandano i propri figli a scuola per dieci o più anni.
 
Una volta stabilito questo punto di partenza, il resto è questione di dettaglio. I quattordici capitoli in cui il libro è suddiviso danno un’idea della (necessaria) varietà degli argomenti trattati:
 
  1. An integrated approach to literacy
  2. Talking about literacy
  3. The social basis of literacy
  4. Researching literacy practices
  5. Literacy embedded in language
  6. Configurations of language
  7. Writing systems and other notations
  8. Points in history
  9. The roots of literacy
  10. Emergent literacy
  11. Public definitions of literacy
  12. School practices
  13. Adults and world literacy
  14. Some implications of an ecological view
 
Un limite innegabile: la prima edizione di questo libro risale al 1994, a un anno cioè in cui la comunicazione elettronica aveva un ruolo molto più marginale di quello odierno. La seconda edizione, pur essendo targata 2007, non colma le lacune nel settore in cui i problemi di alfabetizzazione sono oggi più vistosi – e questo forse è il suo limite principale. Tuttavia, anche in questo modo il libro avrebbe moltissime cose da insegnare a chi si occupa di comunicazione elettronica. Sospetto infatti che quanto detto sulla literacy si possa applicare senza problemi anche alla comunicazione elettronica, all’alfabetizzazione informatica, al modo in cui oggi si studia, e così via... Mettendo naturalmente “è complicato” come avviso all’inizio di qualunque discorso.
 

venerdì 3 agosto 2012

 
Disegnatori e illustratori nel fumetto italiano
Da poche settimane è uscito un mio articolo su Il linguaggio del comico nei fumetti di Leo Ortolani. Il testo è contenuto in Disegnatori e illustratori nel fumetto italiano, a cura di Mario Allegri e Claudio Gallo (Persico Dosimo, Casa Editrice Delmiglio, ISBN: 978-88-96305-22-5, pp. 109-117), che in sostanza pubblica i contributi presentati durante il convegno dallo stesso titolo, tenuto a Rovereto nel 2008. L’indice rappresenta poi bene la varietà dei contenuti trattati: da Magnus ai manga, e ritorno, con molti contributi interessanti.
 
Nel caso mio, come si vede dal titolo, la prospettiva è molto mirata. L’articolo documenta infatti il mio tentativo di andare a vedere un po’ più in dettaglio il modo in cui Ortolani costruisce le battute, chiude le storie e così via, integrando testo e immagini. In molti casi c’è uno schema preciso, in altri vengono violate per esempio alcune regole di base della costruzione del fumetto... Dal mio punto di vista, è di sicuro un argomento affascinante!
 
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