martedì 22 febbraio 2011

La volata finale

Da quando sono in India sto finendo drammaticamente in arretrato con la posta e le correzioni. Un po' per gli impegni qui, d'accordo, ma soprattutto perché mi sono preso l'impegno di scrivere un piccolo manuale in un mese e mezzo, alla velocità media di tre pagine al giorno. Scadenza il 28 febbraio, 80 pagine già pronte, 40 da finire... la volata finale incomincia oggi!

venerdì 18 febbraio 2011

Bibliolatria ad Amritsar

Qualche giorno fa sono andato a passare il fine settimana ad Amritsar. Gli obiettivi di base erano due: andare a lavare i piatti nelle cucine del Tempio d'Oro (sì, a volte mi vengono fisse del genere...) e andare a vedere di persona come viene tenuto il Guru Granth Sahib, cioè il libro sacro dei sikh.

Il primo obiettivo è stato facile da raggiungere. Basta munirsi dell'indispensabile pezzuola (con risultati estetici più o meno discutibili), andare alla mensa del tempio (il Langar), dove i sikh danno da mangiare a tutti i pellegrini, e cercare un po' intorno. La sala lavapiatti è in realtà uno spazio coperto da tettoia, con un sacco di vasconi e un rumore terrificante di metallo sbattuto, e lì mi sono aggregato ai volontari. Tre quarti d'ora impegnati a pulire i tre oggetti d'acciaio che vengono consegnati a ogni pellegrino all'ingresso: una ciotola (per l'acqua), un vassoio a quattro scomparti (per la roba da mangiare) e un cucchiaio. Ne valeva la pena - anche perché, come si scopre passando dall'altra parte, i cuochi volontari sono davvero bravi.

Il secondo obiettivo si è rivelato più complesso, perché il Guru Granth Sahib durante il giorno è tenuto nel Tempio d'oro, in mezzo al "lago d'ambrosia" che occupa buona parte della zona sacra. Le file per arrivarci, a seconda dell'ora, sono molto lunghe... e così, ho deciso di abbandonare il primo tentativo e di andarci di notte.

Nell'attesa, sono andato a vedere la principale attrazione non-sikh di Amritsar: la cerimonia di chiusura serale del confine tra India e Pakistan, a trenta chilometri dalla città. Lì, separati da alti cancelli, due grandi anfiteatri, uno da ogni lato del confine, ospitano gli indiani e i pachistani che vengono a incoraggiare le rispettive truppe. Un'ora di canti popolari, balli (waka waka incluso) e urla di Hindustan zindavan da una parte, un'ora di altrettanto dall'altra, con la variante Pakistan zindavan. Poi c'è una specie di parata caricaturale, in cui i soldati dell'una e dell'altra parte eseguono esattamente gli stessi movimenti, cala la bandiera e i cancelli si chiudono fino al giorno dopo.

Fin qui tutto bene, anzi, molto divertente. Al ritorno però il gruppo di turisti a cui mi ero accodato si è fermato a vedere una cosa che spingeva la cerimoniosità decisamente oltre: il moderno tempio indù di Mata Mandir. Lì, in una specie di incrocio tra edificio sacro e baraccone del luna park, si segue un percorso obbligato tra Krishna illuminati al neon e tunnel con l'acqua in terra, fino ad arrivare a una serie di cerimonie urlate.

Per una serie di motivi, non ero nello spirito giusto per questo genere di cose (beh, non penso di essere mai nello spirito giusto). Ne sono uscito infastidito. Ancora più infastidito in quanto, tornando al Tempio d'oro, i ritardi della giornata mi lasciavano diversi lavori da fare: finire di rivedere i test d'accesso della Facoltà di Lettere e Filosofia, per esempio. Sbrigare il lavoro, o assistere alla processione che riporta il Guru Granth Sahib nell'edificio che lo ospita la notte?

Però, lo spettacolo notturno del Tempio d'oro è fantastico - e le code sono più corte. Così, alla fine sono riuscito a entrare a un'ora ragionevole nella prima sala, dove il libro viene tenuto sotto un velo e un gruppo di musicisti suona harmonium e tabla per accompagnare la lettura ininterrotta del testo.

OK, niente di troppo impressionante... ma poi sono salito al piano di sopra. E lì, in una sala coperta di tappeti, c'era un altro rito: un sikh in turbante arancione che leggeva in pubblico un'altra copia del libro, una pagina dopo l'altra, muovendo appena le labbra. E attorno, un pubblico di devoti che, seduti per terra, leggevano anche loro, da una serie di libretti tascabili. E al piano di sopra, quasi la stessa scena.

Beh, ci sono tanti modi per adorare un libro... ma tenerlo sotto un telo, tutto sommato, non è poi un gran che. Adorarlo leggendolo, invece, è tutta un'altra cosa... Ne sono uscito talmente contento e soddisfatto che ho preferito, per evitare disillusioni, saltare direttamente la processione e cacciarmi al computer a rivedere quesiti.

Wikipedia mi spiega poi che il Guru Grant Sahib viene adorato in quanto testo, non in quanto oggetto fisico; e che quindi ogni copia è considerata sacra quanto qualunque altra; e che la legge indiana considera questo libro "persona giuridica"; e che la scrittura gurmukhī è stata inventata apposta per scriverlo; e che il libro è considerato l'ultimo ed eterno guru dei sikh; e che quando il libro viene stampato, eventuali fogli malriusciti devono essere cremati con un rito sacro; e che...

Insomma, c'è ancora da spiegare come mai volevo andare ad Amritsar?
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