martedì 28 novembre 2017

Barbieri, Semiotica del fumetto

 
Daniele Barbieri, Semiotica del fumetto
Dalla storia alla teoria… tre anni fa avevo parlato della Breve storia della letteratura a fumetti di Daniele Barbieri. Adesso ho ricevuto la Semiotica del fumetto dello stesso autore. L’oggetto della trattazione è immutato, ma viene affrontato da un’angolazione diversa, simile a quella che Barbieri aveva già affrontato nel classico I linguaggi del fumetto (1991).
 
Rispetto ai Linguaggi del fumetto, qui il termine di confronto inevitabile è diventato il Système de la bande dessinée del belga Thierry Groensteen, di cui ho parlato a suo tempo. In alcuni casi Barbieri descrive anche in modo esplicito i suoi punti di accordo e disaccordo con la trattazione di Groensteen. In altri le divergenze di opinione sono implicite. Io per esempio apprezzo molto la scelta di Barbieri di far notare che la semplice presenza di “balloon che contengono parole” è sufficiente a dare uno spessore temporale al disegno. Groensteen nega che le vignette singole possano essere “fumetto”, perché prive di una successione di eventi. Tuttavia, è evidente che la presenza del linguaggio parlato crea sempre una successione, per quanto minima, di eventi... e che quindi anche alcune vignette singole possono essere “fumetto” a pieno titolo.

Come quello di Groensteen, anche il nuovo libro di Barbieri ha una portata globale: il fumetto viene descritto dal punto di vista teorico e nel suo assieme. Il che significa che sono presi in esame esempi da tutte le tradizioni e da tutte le epoche - anche se per fortuna una buona percentuale degli esempi viene dall’Italia.
 
Rispetto al Système, tuttavia, la trattazione di Barbieri è molto più breve e selettiva. L’autore l’ha ripartita in tre capitoli:

  • Capitolo primo (pp. 11-57): Racconti senza racconto: enunciazione e narratività. L’argomento centrale è qualcosa cui non avevo mai pensato, cioè la ridotta importanza della figura del “narratore” in una presentazione per immagini, fumetto o film che sia. All’interno delle presentazioni per immagini conta invece il punto di vista”.
  • Capitolo secondo (pp. 58-88): Disegni di segni: immagini e scritture. Buona parte del capitolo si basa sul celebre schema di Scott McCloud dedicato alla classificazione delle possibilità espressive del disegno. La sezione per me più interessante è però quella iniziale, dedicata ai Segni di scrittura (2.1, pp. 58-66); sono poche pagine, ma si parla in particolare di Rumori e grida, segni d’espressione e di movimento (2.1.1, pp. 59-63) e de Il lettering (2.1.2, pp. 63-66), con diversi esempi interessanti.
  • Capitolo terzo (pp. 88-14): Leggere con leggerezza: tensione e ritmo. L’argomento centrale è qui il modo in cui tensione e ritmo possono essere dati ai fumetti, specie in rapporto alla presenza o meno di umorismo e ai diversi generi editoriali. I concetti introdotti nella prima parte del capitolo sono poi usati nella seconda parte per analizzare casi specifici: nelle pp. 122-126 una tavola di Asterix, nelle pp. 126-141 una storia di Dino Battaglia, l’<i>Omaggio a Lovecraft</i> del 1970.
 
Dal punto di vista generale, il libro è una sintesi di alto profilo, che riesce a coniugare una serie di novità e un taglio divulgativo (anche se la veste editoriale non rende giustizia a tutti gli esempi presentati). Nel complesso, una notevole acquisizione per gli studi italiani sul fumetto.
 
Daniele Barbieri, Semiotica del fumetto, Roma, Carocci, 2017, pp. 143, € 12, ISBN 978-88-430-8881-2. Copia ricevuta in omaggio dall’editore.
 

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