Venerdì scorso ero a Venezia per lavoro e mi sono trovato, a sorpresa, anche qualche ora libera prima di poter prendere il treno del ritorno (l’Italo delle 18:55 per Firenze). Visto il tempo, gelido ma gloriosamente illuminato, all’inizio del pomeriggio mi sono quindi piazzato su una panchina della Fondamenta delle Zattere, di fronte al Canale della Giudecca. Certo, la panchina era in mezzo a un lago salmastro, visto che il marciapiede non si era ancora liberato dell’ultima acqua alta, ma i miei vecchi scarponcini si sono rivelati all’altezza della situazione…
Venendo lì avevo poi visto nella vetrina della Libreria Toletta un libro che mi incuriosiva da un pezzo e molto adatto all’ambiente, L’alba dei libri di Alessandro Marzo Magno: standomene beatamente seduto al freddo e al sole, con una scelta che fa riflettere sul rapporto tra distribuzione fisica e distribuzione elettronica dei libri, ho tirato fuori il Kindle, mi sono fatto spedire da Amazon l’anteprima del testo e poi, soddisfatto, l’ho comprato e scaricato (Garzanti, 2012, ASIN B006ZPR4KS, 209 pagine, “basato sull’edizione stampata” con ISBN 9788811682080, €9,99).
Che cosa c’entrava il libro con l’ambiente? Più che nel genericissimo titolo, la spiegazione sta nel sottotitolo: “Quando Venezia ha fatto leggere il mondo”. Il libro è infatti una sintesi del ruolo svolto da Venezia nella diffusione del libro a stampa e nell’evoluzione dell’editoria. Sintesi divulgativa, e opera di un non specialista (che apparentemente non ha fatto ricerche originali in merito), ma valida e competente. Nella saggistica a grande diffusione… avercene, di libri così!
La sintesi è in buona parte tematica. Il primo capitolo fa una breve storia degli esordi e del periodo più glorioso dell’editoria veneziana, che agli inizi del Cinquecento divenne la più importante del mondo – fino a produrre in alcuni anni, secondo alcune stime, la metà di tutti i libri stampati in Europa (pos. 75). In continuità con questo si colloca il secondo capitolo, dedicato ad Aldo Manuzio. E poi inizia una serie di capitoli (3-6) dedicati all’editoria in altre lingue: ebraica, araba, armena, greca, e diverse lingue slave. Più i relativi alfabeti.
Ancora più tematici sono i capitoli 7-9, che coprono le carte geografiche e la trattatistica militare, l’editoria musicale (una delle sezioni più interessanti del libro, e una di quelle su cui sapevo meno) e i trattati medici, cosmetici e gastronomici. Poi il capitolo 10 è dedicato a Pietro Aretino e la nascita dell’autore, e l’undicesimo torna a una descrizione complessiva (La decadenza, il ritorno e la fine), allungandosi con salti e scatti fino all’Otto e al Novecento, ma in modo non sistematico.
La varietà di argomenti non permette al libro di mantenere un’argomentazione coerente, e i singoli capitoli, o addirittura le sezioni di uno stesso capitolo, hanno spesso l’impostazione di articoli autonomi. Tuttavia la pura e semplice varietà di informazioni rappresenta un punto di forza, in quanto permette di gettare lo sguardo su campi molto diversi e tra cui di solito non c’è scambio. In diversi casi ho quindi scoperto cose a me del tutto ignote – per esempio, l’esistenza di una tradizione di editoria caramanlidica veneziana! Alzi la mano chi sa già di che cosa si tratta…
Un ulteriore motivo di soddisfazione è stato anche il ritrovarmi a leggere dei lavori di esperti che ho avuto occasione di conoscere di persona in passato, quando (ahimè) riuscivo ancora a lavorare nel settore. Angela Nuovo, per esempio, la scopritrice del primo Corano a stampa, realizzato a Venezia poco prima del 1540 (alla vicenda è dedicato il quarto capitolo, Il Corano perduto). Oppure Fabio Massimo Bertolo, il cui studio su Aretino e la stampa: strategie di autopromozione a Venezia nel Cinquecento è alla base di buona parte del decimo capitolo. Insomma, un po’ di tempo ben speso. Poi squilla il telefono e si torna al lavoro, in un paesaggio ormai notturno di mostre d’arte e rimesse illuminate.
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