A cavallo del fine settimana ho fatto una gita di famiglia nel Centro-Sud. Abbiamo tagliato in macchina otto regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata) fermandoci ogni tanto per bagni nell’Adriatico e nello Ionio. Al di là del divertimento, le soste mi hanno anche permesso di vedere tre esempi di rapporti diversi tra un luogo storico e il turismo.
Prima tappa, Matera, bellissima. I Sassi hanno avuto la fortuna di sopravvivere fisicamente a un passaggio storico: i quarant’anni scarsi in cui buona parte d’Italia è passata dalla miseria arcaica al postindustriale. Dalla convivenza in grotta col somaro alle pretenziose minigallerie d’arte globalizzate, insomma. A quel che ci ha raccontato una brava guida, Stefania, oggi nei Sassi vivono duemila persone. Quasi tutte le grotte sono di proprietà demaniale e chi è residente a Matera può fare domanda e ricevere contributi per trasferirsi lì, purché ci abiti come prima casa. Mi sembra un ottimo compromesso tra uso e gestione, che lascia l’aspetto di un’area svuotata ma decorosamente mantenuta e in parte di nuovo vissuta.
Il turismo di Alberobello è molto meno gradevole. Torme di turisti affollano e ingombrano le strette strade tra i trulli, affiancate da negozietti dei soliti oggetti improbabili. A me piace che i siti storici siano visitati e abitati, non ingessati in musei o trasformati in parchi di divertimento per ricchi… Ma ad Alberobello mi sembra evidente che una stretta di regolamentazione, con un po’ di sfoltimento, gioverebbe.
Sul posto ho scoperto anche con sorpresa i simboli tracciati sui tetti dei trulli, simboli di cui non avevo nessun ricordo dalle mie visite precedenti. È stato un sussulto: ma indicativo: stare troppo tempo lontano da questioni di scrittura mi deprime. E il giorno dopo, ad Ascoli, non ho resistito e mi sono fermato a leggere alcune delle numerose iscrizioni sparse nel centro, tra cui la celebre (chissà come mai?) “NON SENZA FATICA” al n. 44 di via Annibal Caro. Molto meglio l’iscrizione latina del 1230 su Porta Solestà, davanti al bellissimo ponte romano sul Tronto:
Ho fatto pure una deviazione sotto il sole per andare a vedere il convento dei Cappuccini, dove nel 1477 frate Giovanni da Teramo impiantò una delle prime tipografie italiane. Di queste iniziative editoriali, però, rimane solo il ricordo nei libri, e neanche una lapide sul posto. La guida rossa del Touring del 1979 prometteva dalla zona del convento una “*Vista retrospettiva della città con le sue torri svettanti”, ma oggi il paesaggio è cancellato da brutte pareti in cemento e da una serie di edifici residenziali fatti senza troppa cura, con marciapiedi inagibili eccetera. Pazienza. Ascoli si è rivelata un posto un po’ ai margini… per la prima volta da non so quanti decenni, ho rivisto donne anziane girare col velo sulla testa (?)… e con infrastrutture inadeguate, ma con molte potenzialità. Qualche turista in più, specialmente in questo periodo di problemi sul territorio, secondo me lì non farebbe male.
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