Quest’anno non sono riuscito a raccontare tutti i miei viaggi. Per esempio, durante il mio ultimo soggiorno indiano, a febbraio, ho fatto un bellissimo viaggio nel Bengala occidentale, a Kolkata (che per la mia generazione è ancora Calcutta) e a Shantiniketan, ma ancora non ne ho parlato qui.
Forse oggi pochi si ricordano che cos’è stata e che cos’è Shantiniketan (শান্তিনিকেতন in bengalese): ancora non c’è nemmeno una voce dedicata su Wikipedia in lingua italiana. Comunque, è il posto in cui Rabindranath Tagore visse e lavorò per buona parte della sua vita. Tagore tra le altre cose aprì una scuola, che ancora prosegue le attività, e nel 1921 fondò anche un’università, la Vishva-Bharati dedicata a fare da punto di contatto tra la cultura indiana e quella mondiale. Alle spalle c’era un’idea originale di mediazione. E quelli che decidono di cercare di prendere il meglio dal mondo, ma ripensando le cose a modo loro, a me sono sempre piaciuti.
Oggi a Shantiniketan l’università ha un’impostazione più tradizionale, ma include ancora un insegnamento dell’italiano - tenuto dalla professoressa Indrani Das, che ho avuto la fortuna di incontrare. Però, arrivando ai nuovi palazzoni di cemento che ospitano l’università di Shantiniketan, ammetto che la prima cosa che ho notato è stato il parcheggio biciclette.
Non me ne ero neanche accorto, ma dopo un mese a Delhi, con il suo traffico terribile, sentivo la mancanza delle biciclette. Qualcuna si vede anche a Delhi, beninteso. Ma sommersa tra macchine, risciò a motore e così via. Tra una cosa e l’altra, quest’anno mi è capitato poco di prendere perfino i risciò a pedali. E non è che a Kolkata le cose vadano molto meglio.
A Shantiniketan no. Aiutate dalla presenza degli studenti, le biciclette sono dappertutto: sembrava quasi di essere a Pisa, ma con meno macchine. Comunque le usano tutti: uomini e donne, giovani e vecchi, studenti e operai, ragazzini in jeans e distinte signore in sari.
Poi ovviamente su ogni bicicletta c’era qualcuno a pedalare. Qualcuno aveva la faccia preoccupata, qualcuno la faccia scura… siamo esseri umani, in fin dei conti. Ma la maggior parte della gente aveva una faccia soddisfatta.
Negli ultimi anni ho passato molto tempo a cercare di capire il modo in cui le tecnologie della comunicazione influenzano gli esseri umani. Più il tempo passava, più mi sono messo a ridimensionare gli effetti inevitabili. Sì, uhm, a volte il mezzo di comunicazione è il messaggio, o aiuta un po’ a dare forma al messaggio, ma in sostanza i condizionamenti dello strumento dipendono molto dall’uso che se ne fa, e le nostre scelte cambiano molto le cose (v. Tagore)…
Ecco, la bicicletta è un po’ in controtendenza, nella mia visione del mondo. È qualcosa che quasi inevitabilmente fa star meglio. In bicicletta, tutto è un’altra cosa. Il viaggio a Shantiniketan è stato bello anche per quello.
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