Ho letto con molta soddisfazione Tienilo acceso di Vera Gheno e Bruno Mastroianni: un buon libro su come migliorare la comunicazione individuale nelle reti sociali.
Alla base della soddisfazione c’è il fatto che naturalmente il libro, a differenza di quel che accade di solito quando si parla di questi argomenti, ha una solida base linguistica. La proposta di educazione presentata al suo interno si basa saldamente sui principi dell’educazione linguistica democratica presentati da Tullio de Mauro e dal GISCEL (p. 12, in nota), e in generale il testo riflette ciò che si sa davvero sul linguaggio. L’idea di base consiste quindi nella necessità di collocare in modo adeguato le tecnologie informatiche nell’educazione linguistica e comunicativa, con l’obiettivo di rendere tutti i cittadini capaci di partecipare in modo adeguato e consapevole alla vita sociale.
La seconda parte del libro, per esempio, è dedicata al “parlare di me stesso”. All’interno di questa parte vengono dati in modo discorsivo consigli su come presentarsi online, tenendo presente che nella comunicazione su Internet e nelle reti sociali “ciò che sembra è” (p. 80), e ciò che conta è la percezione che gli altri hanno di noi. Ne seguono indicazioni non solo, per esempio, su quali reti sociali usare e quanto spesso mettere aggiornamenti, ma anche sulle ragioni per fare tutto questo.
Ho visto in libreria che la fascetta che avvolge il libro riporta questa frase di Stefano Bartezzaghi: “I social verranno insegnati a scuola e questo sarà il manuale”. Io spero bene che, all’interno dell’educazione alla scrittura, la scuola inizi anche a fornire le competenze utili per una presenza consapevole sulle reti sociali (il livello di dettaglio può variare: non è questo il problema). Va però precisato che il libro non è affatto un manuale per studenti. Piuttosto, è un testo di primo orientamento, molto utile per il grande pubblico ma particolarmente indicato per insegnanti.
Ho visto in libreria che la fascetta che avvolge il libro riporta questa frase di Stefano Bartezzaghi: “I social verranno insegnati a scuola e questo sarà il manuale”. Io spero bene che, all’interno dell’educazione alla scrittura, la scuola inizi anche a fornire le competenze utili per una presenza consapevole sulle reti sociali (il livello di dettaglio può variare: non è questo il problema). Va però precisato che il libro non è affatto un manuale per studenti. Piuttosto, è un testo di primo orientamento, molto utile per il grande pubblico ma particolarmente indicato per insegnanti.
Un taglio del genere ha diverse conseguenze. Per esempio, uno dei temi che ricorrono in diverse sezioni del libro è quello del dialogo: tra genitori e figli, tra persone che hanno idee diverse, e così via. Nella quarta parte, Parlare con gli altri, viene anche presentato il metodo della “Disputa felice”, oggetto di un libro dedicato di uno dei due autori. Questo consiste per esempio nel “cercare di vedere il mondo come lo vede [l’interlocutore], di porsi le domande così come lui stesso se le pone, per poter discutere a partire da quelle” (pp. 211-212).
Devo dire che questo tipo di dialogo è una proposta a cui mi piace credere, ma molto legata all'ambito scolastico o assimilabile. Cioè, la proposta è ampiamente condivisibile nel campo educativo, e puntare in questa direzione mi sembra un obiettivo importantissimo per la formazione di cittadini consapevoli. Inoltre, sul lunghissimo periodo (e in ottica Steven Pinker), spinte civilizzatrici di questo tipo possono avere un effetto cumulativo di assoluta importanza. Non c’è però alcuna dimostrazione esterna del fatto che il sistema sia migliore di altri nel campo delle dispute reali, su specifici problemi, in cui si ha a che fare con comportamenti complessi.
Per esempio, negli ultimi tempi si è discusso molto per esempio sul cosiddetto “metodo Burioni” di risposte taglienti agli antivaccinisti. In questo libro il “metodo Burioni” viene criticato in un paragrafo apposito (Il divulgare non b(l)asta, pp. 215-229), in cui si afferma che “Alla lunga (...), blastare non porta a risultati positivi” (p. 224). Sarà vero? Non c’è nessun dato che lo mostri. Sicuramente è verosimile che le persone che vengono criticate dagli esperti non cambino opinione, anzi, si rafforzino nella propria. Tuttavia, queste persone si contano letteralmente sulle dita delle mani. La “moltitudine silenziosa” (p. 227) che, come notano anche Gheno e Mastroianni, rappresenta la maggioranza dei lettori e “deve essere il primo e primario pubblico a cui parlare”, che cosa fa?
La cosa interessante è che almeno nel caso Burioni i dati sembrano finora tutti da una parte. Ne parla per esempio Andrea Grignolio in un interessante intervento dedicato a Quello che i critici di Burioni non hanno capito della divulgazione scientifica. Giudicando in base all’interessamento della politica e a quel che dicono le parti coinvolte, le polemiche di Burioni hanno avuto un ruolo diretto nell’assunzione di importanti provvedimenti legislativi nel settore. Inoltre, sono correlate a un rafforzamento di una realistica percezione della sicurezza dei vaccini all’interno della comunità, e, alla fine dei conti, a un aumento delle percentuali di vaccinazione. Si sarebbe ottenuto lo stesso con altre tecniche? Sarebbe interessante vedere se esistono casi di successo confrontabili. In fin dei conti, dati e numeri sono fondamentali per valutare l’efficacia di una proposta.
Vera Gheno e Bruno Mastroianni, Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello, Milano, Longanesi, 2018, pp. 283, € 14,90, ISBN 978-88-304-5000-4. Copia della biblioteca ex Salesiani dell’Università di Pisa.
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