domenica 25 aprile 2010

Giocare con cifre e parole

Con la scrittura si possono fare cose incredibili. Tra queste, la possibilità di discutere su questioni complesse non è una delle meno interessanti: riassumere argomenti forniti da un interlocutore, rinviando al testo di partenza, discuterli e criticarli... è una cosa meravigliosa, e quasi impossibile senza un supporto scritto.

Tuttavia anche questo meraviglioso meccanismo ogni tanto si inceppa. Prendo per esempio il caso di alcune valutazioni sull'economia italiana, presentate dalla Fondazione Edison e richiamate dal Presidente del Consiglio durante l'incontro della Confindustria a Parma, qualche giorno fa. A queste valutazioni hanno risposto in modo molto critico Tito Boeri e Carlo Scarpa con l'intervento Giocolieri con le cifre (pubblicato su lavoce.info). Il punto chiave dell'argomentazione di Boeri e Scarpa è: per giudicare le prestazioni economiche di un paese, i dati sulle esportazioni manifatturiere sono "i) parziali, ii) potenzialmente fuorvianti e iii) poco rilevanti, se non del tutto irrilevanti". Non sono un economista, ma la cosa mi sembra del tutto ragionevole: gli Stati Uniti hanno l'economia più grande in assoluto, ma esportano relativamente poco. Eccetera.

A questo intervento ha risposto Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, con l'articolo Fiammiferi, spesa pubblica e i numeri Made in Italy, pubblicato oggi sul Sole-24 ore. Non essendo appunto un addetto ai lavori, non entro nel merito. La cosa interessante, dal mio punto di vista, è però che la replica di Fortis, pur essendo replica a un testo scritto, è completamente sbagliata dal punto di vista del rapporto con la fonte: attribuisce a Boeri e Scarpa opinioni che, visibilmente, non sono presenti nel testo di partenza, riporta parole assenti dal contesto come se fossero citazioni letterali di quanto i due autori dichiarano, e così via.

Secondo Fortis, insomma , Boeri e Scarpa sostengono "sostanzialmente" che:

1) non è vero che l'export italiano negli anni immediatamente precedenti l'attuale crisi sia cresciuto più di quello degli altri maggiori paesi avanzati; 2) i dati di export espressi in dollari da noi utilizzati enfatizzerebbero artificialmente la crescita italiana per cui sarebbe meglio usare valori in euro; 3) gli oltre mille primi, secondi e terzi posti nell'export mondiale detenuti dall'Italia (su un totale di circa 5.500 prodotti) evidenziati da una nostra ricerca presentata anche su questo giornale (21 gennaio 2010) in realtà non conterebbero "nulla" perché trattasi di nicchie (che i due autori citati hanno equiparato in modo sprezzante a "fiammiferi"); 4) esportare beni, comunque, vuol dire poco, perché oggi a livello internazionale l'export di servizi cresce di più; 5) l'export di per sé ha scarso significato se non si considerano anche le importazioni e quindi sarebbe più opportuno guardare alla dinamica della bilancia commerciale complessiva (export meno import).

Andiamo con ordine, e senza entrare nel merito delle questioni, vediamo se nel testo di partenza vengono effettivamente dette queste cose.

Punto 1: non riesco a trovarne traccia nel testo di Boeri e Scarpa. Lì si cita un unico caso: quello del "primato italiano nella crescita delle nostre esportazioni nel periodo 2005-8" rispetto a Francia e Germania. Boeri e Scarpa fanno notare che alcune statistiche assegnano questo "primato" all'Italia, altre alla Germania. Non fanno invece considerazioni generali sugli "altri paesi avanzati".

Punto 2: vero, questo c'è.

Punto 3: nonostante la parola "nulla" sia addirittura virgolettata, nel testo di Boeri e Scarpa semplicemente non compare; o meglio, compare una volta sola, in un contesto completamente diverso ("nulla di cui gioire") rispetto a quello cui qui si fa riferimento. La sintesi di Fortis inoltre non corrisponde neanche alla sostanza di ciò che viene detto, perché Boeri e Scarpa sul peso delle "nicchie" dicono una cosa completamente diversa: "Sarà anche vero, e questi prodotti saranno anche tanti, ma quanto pesano? L’Italia è da decenni leader in tante nicchie di mercato. Nicchie, appunto; ma purtroppo una cosa sarebbe essere leader nella produzione di fiammiferi, un’altra è esserlo nella produzione di auto." Quindi non dicono affatto che i settori in cui l'Italia è leader non pesano "nulla" e che sono "fiammiferi": dicono una cosa diversa, e cioè che esser leader in un settore o nell'altro è un'informazione importante ma fino a un certo punto, visto che un conto è essere leader in un settore che vale 100, un altro esserlo in un settore che vale 1

Punto 4: Boeri e Scarpa direbbero che "esportare beni, comunque, vuol dire poco, perché oggi a livello internazionale l'export di servizi cresce di più"; in realtà dicono una cosa molto diversa: che "ormai la parte preponderante dell’economia è costituita dai servizi e il commercio mondiale in questo settore cresce quanto se non di più che nel manifatturiero", e che quindi nella presentazione di un quadro complessivo è "discutibile" la scelta di concentrarsi "sulle sole industrie manifatturiere". Non dicono da nessuna parte, invece, che l'esportazione di beni "vuol dire poco".

Punto 5: vero, questo c'è.

Insomma, 3 punti su 5 si riferiscono in realtà a informazioni che nella fonte non si ritrovano. Se qualcuno degli studenti del mio Laboratorio di italiano scritto realizzasse una prova finale con un problema di questo tipo, non arriverebbe (ovviamente) al 18. Certo, i giornali spesso non possono lavorare in condizioni ideali, ma (ingenuamente) mi chiedo come mai un redattore non abbia notato una discrepanza così palese tra il testo base e la "risposta". In fin dei conti, non si tratta di un punto incidentale in un articolo che parla dell'allevamento dei salmoni in Nicaragua: il confronto con il testo di Boeri e Scarpa è la ragione stessa dell'intervento di Fortis.

Nel merito del discorso, non essendo un economista non mi azzardo a entrare. Dico solo che anche da questo punto di vista, sulla base di una conoscenza da "cultura generale", le critiche di Boeri e Scarpa mi sembrano molto convincenti. Certo, può anche darsi che questo avvenga solo perché, in fin dei conti, io lavoro nel settore dei "servizi"...

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