sabato 5 ottobre 2013

Crimi, Facebook, Twitter e gli uffici stampa

 
 
Raccontavo giusto lunedì delle mie diffidenze nei confronti della paternità di molti tweet di politici italiani. Chiaramente, in alcuni casi è il politico stesso a scriverli. In altri è il suo “ufficio stampa” (definizione puramente di comodo, che può corrispondere a un vero e proprio ufficio o a collaboratori che si occupano in modo molto più informale della comunicazione sulle reti sociali).
 
Ieri mattina la questione della paternità di messaggi simili è però arrivata all’attenzione del pubblico nazionale, visto che il dibattito politico è stato agitato dalle discussioni attorno al voto della Giunta per le elezioni del Senato che ha votato per la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi (PDL). Il voto in sé naturalmente è quello che ha il maggior impatto politico, ma alcuni degli strascichi polemici riguardano direttamente la gestione delle reti sociali. Sulla pagina Facebook di uno dei componenti della Giunta, il senatore Vito Crimi (M5S), durante la fase di udienza pubblica dei lavori della Commissione è apparso infatti un aggiornamento che commentava in modo squallido sull’età e sulle condizioni intestinali del senatore Berlusconi; poi, durante i lavori della Commissione, sono apparsi altri aggiornamenti su argomenti non collegati.
 
A quanto hanno riportato i giornali, gli aggiornamenti sulla pagina di Crimi ha spinto il capogruppo PDL in Senato, Renato Schifani, a chiedere l’interruzione dei lavori della Giunta, in quanto il primo aggiornamento esprimeva un pregiudizio e i successivi erano comunicazioni inviate in un momento in cui Crimi avrebbe dovuto essere privo di contatti con l’esterno. L’interruzione però non c’è stata, e gli aggiornamenti della pagina di Crimi non hanno quindi esercitato un’influenza rilevante sui lavori, anche se hanno avuto un certo impatto politico. Dal punto di vista che mi interessa, tuttavia, ciò che è successo in questa occasione ha messo bene in luce il modo in cui oggi diversi politici italiani comunicano attraverso le reti sociali. Non si tratta direttamente di Twitter, perché gli aggiornamenti sono stati pubblicati in originale su Facebook e solo richiamati dall’account Twitter di Vito Crimi (@vitocrimi), ma molte osservazioni saranno sicuramente valide per entrambi i canali.
 
Qualche ora dopo l’inizio dei lavori della Commissione, sulla pagina di Crimi è comparso un altro aggiornamento che, in linguaggio molto burocratico, comunicava:
 
Buongiorno a tutti voi, amici.
 
Chi scrive ora, come già accaduto in altre occasioni, è il collaboratore di Vito Crimi, che aggiorna la sua pagina quando Vito non è in condizione di poterlo fare (come è di norma per tantissimi altri collaboratori parlamentari).
 
Alcune precisazioni:
 
a) il post relativo a Berlusconi è stato inserito alle ore 10.04, prima dell'inizio dei lavori in Camera di Consiglio.
b) i post successivi, già programmati (relativi a Lampedusa ed al resoconto "5 giorni a 5 stelle") sono stati inseriti dal sottoscritto.
 
In fede,
Adriano Nitto
Collaboratore parlamentare di Vito Crimi
 
L’autore del messaggio non lo dice quindi in modo esplicito, ma lascia pensare che “il post relativo a Berlusconi” sia stato inserito di persona dal senatore Crimi. Non è naturalmente detto che sia così, ma la cosa è verosimile. Vale la pena però notare che il comunicato non dice nulla su chi ha effettivamente scritto i testi di cui si parla – si limita a dire, per due di essi, chi li ha “inseriti”.
 
Che cosa mostra l’aggiornamento, dal punto di vista operativo? La situazione reale, credo, di “tantissimi” account Facebook e Twitter dei politici. In cui i testi scritti da un politico vengono integrati da un ufficio stampa. Questa integrazione andrà poi da un minimo a un massimo. Ci saranno account in cui il politico non scrive mai nulla (quello di Angelino Alfano, per esempio, mi sembra un buon candidato), e altri in cui scrive tutto in prima persona; più tutta la gamma intermedia, comprendente per esempio situazioni in cui il politico scrive qualcosa e lascia agli altri il compito di pubblicarla al momento giusto.
 
Mi sembra molto difficile fornire stime sulla diffusione di questo fenomeno. Se mi si chiedesse una stima a occhio, basata sugli account che ho visto… forse il 50% dei politici dotati di account non scrive mai nulla, il 40% lo fa occasionalmente (tipo, da un paio di volte l’anno in su), e il 10% lo fa in modo prevalente. Ma, appunto, è una stima del tutto a occhio.
 
Ciò che invece sospetto è che questi comportamenti corrispondano a una spaccatura comunicativa e linguistica. Che cioè i messaggi “broadcast”, che non rientrano in una discussione, siano in larga maggioranza opera degli uffici stampa – a me non che non presentino commenti fortemente personali. I messaggi che rientrano in una discussione, viceversa, sembrano in buona parte (ma non la totalità, e forse nemmeno la maggioranza) opera dei politici stessi. Dal punto di vista linguistico, come ho già anticipato, le differenze tra i due tipi mi sembrano molto significative… La spaccatura sarebbe insomma paragonabile a quella tra “post” e “commenti” già descritta, da altri e da me, per i blog. Comunque, ho il forte sospetto che sia la seconda categoria quella che può dirci le cose più interessanti sull’italiano di oggi.
 

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