martedì 4 febbraio 2020

Il nome delle Sundarban

 
Un canale nelle Sundarban
Alla fine dell’anno scorso ho avuto la fortuna di poter tornare una settimana in India. E, tra tante cose positive, ho avuto anche l’occasione di visitare le Sundarban, al confine con il Bangladesh. Spero di raccontare presto questo viaggio… ma prima di iniziare a farlo, mi accorgo che occorre una nota toponomastica! Il nome del luogo è infatti insolitamente oscillante, in italiano e in altre lingue. Per dare un’idea, nella traduzione italiana fatta da Anna Nadotti del romanzo di Amitav Ghosh Il paese delle maree (Neri Pozza, 2005) si parla “dei Sundarban”, al maschile, mentre nella traduzione del secondo romanzo della serie, L’Isola dei fucili, fatta da Anna Nadotti e Norman Gobetti (Neri Pozza, 2019) si parla “delle Sundarban”, al femminile.
 
In pratica, in molti testi italiani oggi si trova Sundarban, in molti altri Sunderban; all’una e all’altra versione c’è poi chi mette la -s finale, generando quattro possibili esiti (Sundarban, Sundarbans, Sunderban, Sunderbans). Ognuno di questi esiti viene poi trattato da alcuni come maschile (per esempio, “i Sundarban”) e da altri come femminile (“le Sundarban”), il che genera otto diverse possibilità. La stessa oscillazione si ha poi per il singolare e per il plurale (“il Sundarban” / “i Sundarban”, eccetera), e con questo siamo a sedici diverse possibilità. Nel 2008 un collaboratore di Wikipedia oggi non più attivo ha fatto una ricerca su Google delle forme con -s finale, dividendole tra maschili e femminili, singolari e plurali e notando che tra le quattro combinazioni possibili le due più comuni risultavano, esattamente a pari merito, “il Sundarbans” e “le Sundarbans”. La parola peraltro è tanto rara che nessuna delle sue varianti compare nel CORIS.
 
A complicare il quadro, le varianti basate sulle coppie <a> ed <a>, <-s> o non <-s>, maschile e femminile, non sono le uniche: esistono anche grafie oggi meno usate, ma importanti dal punto di vista storico. Per esempio, probabilmente ancora oggi la maggior parte dei lettori italiani (come ricorda anche Amitav Ghosh appunto nell’Isola dei fucili) conosce le Sundarban attraverso i Misteri della jungla nera di Salgàri. Un libro che non descrive nemmeno alla lontana qualcosa che somiglia alle vere Sundarban, ma che ha diffuso il nome – facendolo però nella forma (femminile) Sunderbunds. Per quanto riguarda le opere di riferimento, l’Enciclopedia Treccani su carta presenta solo “Sundarbans”; in linea si trova inoltre “Sundarbans” nella voce di Elio Migliorini per l’Enciclopedia italiana del 1936, in cui si dice anche che la pronuncia è “Sanderbans”. In nessuno dei due casi si dice se il nome è maschile o femminile, singolare o plurale. Wikipedia in lingua italiana presenta “le Sundarbans”.
 
In questa oscillazione mi sembra utile ritornare alla lingua di partenza. Le Sundarban sono divise tra India e Bangladesh; in India, lo stato che le ospita è il Bengala occidentale, dove in tutta la zona di interesse si parla lingua bengali, o bengalese. In bengali, oggi, il nome delle Sundarban è scritto সুন্দরবন, che nella trascrizione normale in alfabeto latino è “Sundarban” (su Google traduttore vedo che viene proposta una traslitterazione “Sundarabana”, ma in realtà in bengali le consonanti senza diacritico per le vocali, come র e ন, implicherebbero sì una <a>, ma non quando si trovano in nesso consonantico, come nel primo caso, o in finale di parola, come nel secondo). Tuttavia, l’ortografia del bengali oggi non ha un rapporto molto stretto tra fonemi e grafemi proprio in un punto fondamentale: la rappresentazione delle vocali /a/, /o/ e /ɔ/. Per quanto segue, faccio riferimento alle informazioni sintetiche del Corso di lingua bengali di Mario Prayer, Neeman Sobhan e Carola Lorea, Milano, Hoepli, 2012, in cui si spiega che del bengali esiste la cosiddetta “traslitterazione scientifica”, inventata nel Novecento da Siniti Kumar Chatterji, che prevede nel caso della a implicita dell’ortografia bengali la trascrizione <a>. Tuttavia, oggi la pronuncia corrispondente è in realtà /o/ oppure /ɔ/ (p. 4). La pronuncia effettiva del nome è quindi /'ʃundorbon/, come mi dice chi sa il bengali, e in ortografia italiana questa sequenza si può trasporre come Sciundorbon, in cui entrambe le o sono chiuse. Non ha invece nessuna particolare legittimità una grafia con <e> (Sunderban o simili) che risulta inoltre di uso relativamente ridotto in italiano – e può quindi essere scartata senza problemi dal resto della discussione.
 
Nella pratica, quindi, che fare? A me piacerebbe molto usare la forma più vicina alla lingua originale, ma le possibilità che una grafia Sciundorbon si imponga o anche solo si diffonda mi sembrano ben scarse; un grave problema aggiuntivo è che il lettore troverebbe molto difficile capire che quando si parla di Sciundorbon si fa riferimento a ciò che una leggera maggioranza dei testi chiama Sundarbans. Una maggioranza? I dati lessicali quantitativi su Google vanno sempre presi con beneficio d’inventario, ma oggi, 4 febbraio 2020, i risultati sono questi (la ricerca con preposizione articolata è utile per eliminare i casi di sovrapposizione con il francese):
 
  • delle Sundarban: 143 
  • nelle Sundarban: 433 
  • dei Sundarban: 119 
  • nei Sundarban: 86 
  • Totale senza -s: 781
  • delle Sundarbans: 2.120 
  • nelle Sundarbans: 306 
  • dei Sundarbans: 259 
  • nei Sundarbans: 463 
  • Totale con -s: 3.148
 
Se dovessi consigliare la forma da usare in un’opera di consultazione, sulla base delle poche fonti autorevoli (= Treccani) e dell’uso, non potrei quindi far altro che consigliare “le Sundarbans”, visto che la forma con -s che nelle sue varianti è quattro volte più diffusa dell’alternativa. Però, personalmente, non mi piace per niente quella -s, che non ha nessun rapporto con la lingua originale e, apparentemente, è presente solo perché la parola si è diffusa in Italia attraverso la mediazione dell’inglese.
 
Confortato anche dalle traduzioni dei libri di Amitav Ghosh, ho deciso quindi di optare per Sundarban, che rispetta le traslitterazioni tradizionali del bengalese e si avvicina alla forma originale senza compromettere la comprensibilità. Questa è soprattutto una scelta ideologica (= avvicinarsi alla forma locale, saltando la mediazione dell’inglese), ma in un campo in cui le differenze d’uso non sono troppo marcate mi fa piacere farla, per una volta. Per raccontare del mio viaggio scriverò quindi sempre Sundarban, al femminile plurale. E chissà che questa soluzione non vinca… anche perché nei prossimi anni, nel bene e nel male, credo che dovremo parlare delle Sundarban assai più spesso di quanto non avvenga oggi.
 

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