Ho appena ricevuto la copia digitale di una mia nuova pubblicazione: un contributo scritto assieme a Tanya Roy dell’Università di Delhi e dedicato al focalizzatore anche nei testi scritti di studenti indiani di italiano. Il testo è stato presentato come contributo al convegno SLI dell’anno scorso, e gli atti del convegno, con encomiabile rapidità, sono usciti in tempo per il convegno SLI di quest’anno.
L’uso anche sembra una banalità. Tuttavia, la frequenza della parola in italiano fa sì che gli errori d’impiego siano ben evidenti – e complessità dei vincoli sul suo uso fa sì che si mantengano anche nello scritto e nel parlato di apprendenti molto avanzati. Capita quindi di frequente di sentire frasi tipo “Anche ho visitato Venezia” al posto di “Ho visitato anche Venezia”, e così via. Su questo argomento, da vent’anni sono punto di riferimento essenziale gli studi di Cecilia Andorno.
Il contributo descritto qui prende invece in esame una serie di esempi ricavati dagli scritti di studenti di corsi di italiano dell’Istituto Italiano di Cultura di Delhi. Gli esempi mostrano una distribuzione di errori complessa, ma probabilmente classificabile in tre fasi:
- Fase iniziale: uso di anche basato sul modello di parole grosso modo equivalenti in altre lingue, tipo l’inglese also e l’hindi भी, e quindi molto esposto all’interferenza.
- Fase avanzata: uso di anche basato sulla ricostruzione incompleta delle regole d’uso italiane, e quindi esposto più ai fenomeni di interlingua che all’interferenza.
- Fase finale: uso di anche a livello madrelingua.
Vale la pena di dire che la valutazione dell’interferenza è più difficile in questo che in altri contesti. Gli studenti indiani spesso infatti studiano l’italiano come terza, quarta o quinta lingua; per esempio, uno studente dell’area di Delhi potrebbe avere il punjabi come lingua materna, l’hindi e l’inglese come lingue studiate a scuola e di ampio uso, e magari la conoscenza di un’altra lingua europea come il francese. In una situazione del genere, non è immediatamente chiaro quale sia la lingua che esercita interferenza: occorre fare confronti con tutte per capirlo. Il metodo adottato nel contributo è stato quello di chiedere agli studenti di “tradurre” a posteriori nelle altre lingue a loro note le frasi che avevano prodotto in italiano. Sono venute fuori quindi corrispondenze come:
- Anche io ho insegnato dei studenti africani.
- Also I have taught African students.
- म ने कुछ अ रीकी छा र को पढ़ाया भी है.
Vale la pena precisare che io non parlo hindi, punjabi o bengalese (per ora, sono in grado solo di leggere l’alfabeto devanagari e di capire qualche parola), quindi, mentre in altre sezioni il lavoro è stato condiviso, le corrispondenze con queste lingue sono state studiate solo da Tanya Roy.
In ogni caso, un problema che vale la pena approfondire… e con cui spero di tornare a lavorare presto, con un po’ di fortuna, con gli studenti di Delhi.
In ogni caso, un problema che vale la pena approfondire… e con cui spero di tornare a lavorare presto, con un po’ di fortuna, con gli studenti di Delhi.
Tanya Roy e Mirko Tavosanis, Il focalizzatore anche nei testi scritti di studenti con lingue indoarie come L1, in Alberto Manco (a cura di), Le lingue extra-europee e l’italiano: aspetti didattico-acquisizionali e sociolinguistici. Atti del LI Congresso Internazionale di Studi della Società di Linguistica Italiana (Napoli, 28-30 settembre 2017), Milano, Officina21, 2018, pp. 357, pp. 323-338, prezzo n. d., ISBN edizione cartacea: 978-88-97657-25-5, ISBN edizione digitale: 978-88-97657-24-8; copia ricevuta dal curatore.
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