martedì 26 maggio 2009

Tooze, The Wages of Destruction


Una delle cose interessanti - o umilianti - della saggistica umanistica è la scarsa resistenza delle conclusioni. Nella linguistica ci sono mode che vanno e vengono, e che a volte oscillano tra un estremo e l'altro. Nella storia...

Incoraggiato da alcuni rinvii incrociati su Amazon.com ho preso alla biblioteca di Filosofia e Storia The Wages of Destruction di Adam Tooze (tradotto anche in italiano, come Il prezzo dello sterminio; ma chi ha voglia di leggere una traduzione?). Ottocento pagine che mi sono servite nell'ultimo mese per staccare un po' dal lavoro. Alla fine, il libro mi è piaciuto molto, anche perché è scritto con un atteggiamento da nerd che apprezzo moltissimo: finora non avete capito nulla di questo argomento, adesso vi spiego io come sono andate le cose, a forza di statistiche...

L'argomento è, nel caso particolare, l'economia della Germania sotto il nazismo. Tema arido, forse, e i capitoli iniziali (che descrivono i problemi di commercio con l'estero e bilancia dei pagamenti al tempo della Repubblica di Weimar) sono senz'altro i meno coinvolgenti. Poi il racconto si fa più serrato. Ci sono persone che possono rimanere alzate fino a tardi per leggere un'analisi dettagliata degli alti e bassi nella produzione di munizioni in Germania tra il 1942 e il 1945... me compreso, ahimè. Tooze ha fatto un signor lavoro, anche con l'ottica di smontare il mito dell'efficienza di Speer (non sono del tutto d'accordo con le sue valutazioni su questo) e rivalutare invece il lavoro ordinario dei burocrati tedeschi.

Una buona idea: leggere questo libro a poca distanza da Les Bienveillantes di Jonathan Littell. Ogni tanto i due racconti si intrecciano (come sul problema della partecipazione di Speer all'infame convegno di Posen), e dissonanze e consonanze sono interessanti. Per riflettere sul come, a volte, una cosa talmente aliena come la Germania nazista possa sembrare sgradevolmente vicina al nostro presente.

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