Blog generation di Giuseppe Granieri era uscito originariamente nel 2005, ma pochi mesi fa è stato ripresentato con un'aggiunta di dodici pagine di "Postfazione 2009". In effetti, di un aggiornamento si sentiva il bisogno: scritto in un periodo in cui l'interesse per i blog era molto alto, in Italia, il libro dedicava ampio spazio ad aspetti ormai marginali, come l'"economia dei link" (pp. 40-45). Soprattutto, non aveva modo di prevedere che dopo i blog sarebbe venuto il resto del web 2.0. Però la postfazione è molto breve... sarebbe stato meglio scrivere un altro libro!
Detto questo,
Blog generation già nell'originale non si abbandonava ad eccessi di entusiasmo, così comuni nella produzione americana, e quindi ha resistito abbastanza bene al passare del tempo. Anzi, in mancanza di sostituti, può servire ancora oggi a dare un'idea rapida di ciò che erano, e in parte ancora sono, i blog: strumenti per pubblicare in modo semplice commenti personali.
Guardando invece al futuro, e in particolare ai blog che si sono trasformati in canali di Twitter o FriendFeed, nella postfazione Granieri dice che "Il ruolo del blog, oggi che è una
commodity, è quello - forse - di assecondare maggiormente la propria vocazione di luogo per riflessioni più strutturate, di racconti più meditati, di output per il pensiero 'editorializzato'" (pp. 165-166). Plausibile, d'accordo, ma sarà vero che tutti gli autori di diari on line si sono spostati su Facebook? Bisognerebbe controllare, per saperlo. Cioè, al solito, mettersi lì con pazienza ad aprire blog, classificarli, tirare le somme... In parte lo sto facendo ora io, ma è un po' frustrante vedere che i numeri, su un lavoro di questo genere, finora non li ha tirati fuori nessuno.
(Ancora più frustrante è leggere Gianni Riotta che scrive oggi di Internet sul
Sole-24 ore; ma questo è, ahimè, anche in questo caso, lo standard del giornalismo italiano).
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