giovedì 15 dicembre 2011

Gleick, The information


Uno dei libri divulgativi più interessanti dell’anno che si chiude è stato, secondo me (e altri), The information. A history, a theory, a flood, di James Gleick (Pantheon, 2011).

Non è un libro perfetto né geniale. Però è un libro fatto bene, utile, e molto leggibile. Gleick lo organizza come una cavalcata di capitoli, a volte connessi a volte meno, collocati in ordine più o meno cronologico. I singoli capitoli sono in sostanza piccoli saggi su argomenti circoscritti: si parte con il linguaggio dei tamburi africani, si prosegue con il primo vocabolario dell’inglese, si passa ai logaritmi di Napier, e poi all’entropia, a Shannon, ai dubbi sulla possibilità di estrarre informazione dai buchi neri...

Non c’è forse un’idea che possa essere considerata veramente il cuore del libro, e questo non sorprende: a molti livelli, l’umanità deve ancora digerire tutte le implicazioni delle scoperte sull’informazione. Un po’ di tempo fa la nostra veniva spacciata come “la società dell’informazione” - ma siamo ancora ben lontani dall’esserlo.

Uno dei centri del libro è però senz’altro costituito dal rapporto tra fisica e informazione. A volte questo produce un’ottica quasi filosofica, a volte si scende nei meccanismi delle ricerche di Google. Per quanto riguarda argomenti di cui ho parlato di recente, il cap. 13 è dedicato per esempio a un fatto di base: Information is phisical. Nelle parole di John Archibald Wheeler, non è sbagliato ritenere che

every it – every particle, every field of force, even the space-time continuum itself – derives its funciont, its meaning, its very existence... from bits.

L’universo può essere considerato fondamentalmente come una macchina che elabora informazione? Probabilmente sì, e prima o poi anche i filosofi come Maurizio Ferraris riusciranno ad aggiornarsi sulla bibliografia. Nel frattempo, è interessante occuparsi delle implicazioni del calcolo quantistico, che finalmente ha trovato qualche applicazione pratica (!).

In conclusione: il libro di Gleick non è l’ultima parola sull’argomento. È invece un promemoria per farci capire quanto ancora c’è da fare in questo settore, e quante scoperte rilevanti sono evidentemente lì, di fronte a noi, in attesa che qualcuno le faccia. Spero quindi che The information abbia il successo che merita.

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