giovedì 11 ottobre 2012

Dizionari e app per caratteri

 
I caratteri della scrittura cinese sembrano, in isolamento, assolutamente indecifrabili per chi non li conosce. Nella pratica, però... è esattamente così. Come si fa a capire che cosa vuol dire un determinato carattere? La prima soluzione è: chiedere a chi lo sa. La seconda: imparare.
 
Tuttavia, non sempre c’è a portata di mano qualche persona gentile (di solito, cinese) che legga i caratteri al posto di qualcun altro, e per imparare ci vuole letteralmente tutta la vita. Lunedì scorso mi sono quindi comprato il mio primo dizionario cinese: il Concise Chinese Dictionary di Li Dong (Tuttle, Tokyo, Rutland, Singapore, 2009, 710 pp. ISBN 978-0-8048-3773-6, HK$ 140), con traduzioni cinese-inglese e viceversa. È molto elementare e compatto, ma si è già rivelato utile.
 
Il modo in cui funzionano poi i dizionari di cinese è piuttosto interessante. Il mio, per esempio, è costituito da una grossa sezione alfabetica in cui la parola cinese è presentata scritta in pinyin, cioè in caratteri dell’alfabeto latino, e da questo punto di vista, si può dire che funzioni come il dizionario di qualunque lingua europea. Nella civiltà cinese, però, l’uso della traslitterazione è molto marginale, quindi è raro trovare testi scritti in pinyin: quel che si trova sono testi scritti in caratteri.
 
Quindi, come si passa da caratteri a pinyin? Nel caso specifico, ci si basa sui componenti dei caratteri e si usano gli indici. I caratteri cinesi includono circa duecento (le classificazioni variano) radicali, cioè elementi base riciclati in più caratteri, e questi radicali sono usati da migliaia di anni proprio per scopi di ordinamento e classificazione delle parole.
 
Va tenuto poi presente che un radicale (o un carattere) viene scritto con un numero predefinito di tratti di pennello. Un carattere può essere disegnato con un numero di tratti che va da 1 fino a 23, e un radicale con un numero di tratti che va da 1 fino a 12 – nel mio dizionario, almeno (altri dizionari includono anche caratteri e radicali con un numero più alto di tratti). Quindi, la prima cosa da fare è individuare un radicale all’interno del carattere che interessa, contare i tratti da cui è composto... il che è abbastanza facile per chi ha un po’ di familiarità con il sistema... e poi andare a vedere la lista di radicali con quel numero di tratti.
 

Una volta individuato il radicale, si guarda il numero scritto accanto: per esempio, “102”. A quel punto si va a vedere il numero 102 di un’altra lista, ordinata per radicali, che presenta dopo ogni radicale tutti i caratteri che lo contengono. Una volta individuato il carattere, accanto compare la trascrizione in pinyin della parola che lo contiene, e a quel punto si può finalmente consultare il dizionario vero e proprio.
 
Sembra complicato? Va benissimo, perché lo è.
 
A questo punto però entrano in scena le app dei moderni cellulari. Ho scoperto rapidamente, infatti, che il problema meccanico di individuare il carattere viene oggi gestito in modi molto intelligenti. Uno è quello di, semplicemente, disegnare il carattere sullo schermo, con il dito, all’interno di un’app dedicata. Questo fa comparire i caratteri più simili al disegno, e una volta individuato quello giusto, il gioco è fatto.
 
Una soluzione ancora più radicale è quella di Pleco, un’applicazione-contenitore scaricabile gratuitamente dall’App Store al cui interno si possono poi attivare, a prezzi piuttosto elevati, diversi moduli. Uno di essi è un programma di OCR ($ 9,99 nella versione “Educational”) che prende il controllo della videocamera del telefono: basta quindi inquadrare il carattere o i caratteri che si vogliono leggere, e lo schermo mostra una rapidissima successione di alternative. Dopodiché, se si inquadra quella giusta, si può fermare il tutto – e il display mostra non solo il carattere, ma anche la trascrizione in pinyin e la traduzione inglese della parola (o delle parole):

 
Chi ha già una buona familiarità con i caratteri cinesi mi dice che il modo più rapido per ricostruire i caratteri è tracciarli a mano. Usare la videocamera, però, dà tutta un’altra sensazione... quella di essere, in effetti, nel 2012!
 

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