martedì 23 agosto 2016

Scrittura espressiva: ancora Alan D. Altieri

  
 
Alan D. Altieri, Orizzonti di acciaio
Io sono da tempo un lettore affezionato dei romanzi di Alan D. Altieri. In parte, anche per ragioni professionali: Alan D. Altieri (pseudonimo di Sergio Altieri) è uno dei pochi scrittori di genere a trattare la lingua italiana in modo originale. Negli ultimi anni ho quindi citato diverse volte il suo lavoro, inclusi due interventi sulla lingua della narrativa contemporanea fatti ad Aix-en-Provence  e a Varsavia.
 
Qualche giorno fa ho letto anche il supplemento estivo di “Segretissimo” con l’ultimo romanzo di Altieri: Orizzonti di acciaio. Quarta avventura dello “sniper” Russell Brendan Kane, il nuovo riprende il racconto nel punto esatto in cui si era fermato il romanzo precedente, Victoria Cross, pubblicato l’anno scorso.
 
Diciamo subito che, rispetto agli episodi precedenti della serie, questo mi è sembrato molto più tirato via. I personaggi appaiono e scompaiono senza grandi motivazioni narrative e gli inciampi messi sul cammino dei protagonisti sono decisamente meccanici. Inoltre, per iniziare con una scena d’azione, il romanzo parte anticipando alle pp. 8-10, in corsivo, una sparatoria-massacro… scena recuperata, in tondo, in sequenza e in chiusura, alle pp. 225-228, con minimi ritocchi. In altri casi la scelta sarebbe efficace, ma in questo contesto a me ha dato soprattutto la sensazione di un “tre pagine già pronte, benissimo”.
 
Dal punto di vista linguistico, in questa ripetizione mi ha incuriosito una cosa. La differenza principale tra i due pezzi è il passaggio della narrazione dal presente indicativo al passato remoto. L’intervento comunque è stato fatto in modo non meccanico, come testimonia il cambio di verbo in questa rielaborazione:
 
Il terminale della scala si tramuta in mattatoio (p. 10)
Il terminale della scala divenne un mattatoio (p. 228)
 
Io mi sono divertito a fare il confronto tra i due pezzi, per cercare di capire quale fosse l’originale. La versione di apertura, al presente, è stata anticipata da Altieri anche sul suo forum, a giugno, e penso proprio che sia questo il testo di partenza. L’ipotesi è rafforzata da un confronto. Ecco un brano da p. 10:
 
Due teste-di-stracci vanno su, AK imbracciati. Aggirano la prima rampa. Nessun nemico. Altre tre teste-di-stracci salgono di retroguardia. Ancora nessun nemico. Ha paura, il cane eretico. Seconda rampa. Testa-di-stracci livella l’AK. Hanno sempre paura quei luridi cani blasf…
 
Il brano torna alle pp. 227-228:
 
Due teste-di-stracci andarono su, AK imbracciati. Aggirarono la prima rampa, scarponi calciarono detriti e rottami. Nessun nemico. Altre tre teste-di-stracci salirono di retroguardia. Ancora nessun nemico. Ha paura, il cane eretico. Seconda rampa. Testa-di-stracci livella l’AK. Hanno sempre paura quei luridi cani blasf…
 
Qui, non solo c’è una piccola aggiunta nella seconda frase (“scarponi calciarono detriti e rottami”) ma il “livella” nella penultima frase è rimasto al presente. Poco più indietro, inoltre, a p. 227, si trova inoltre un “È da là” a inizio frase, invece di un più coerente “Fu da là”. Il che fa pensare che la versione originaria del testo fosse quella al presente, e quella al passato remoto una rielaborazione.
 
Detto questo, il gusto espressivo di Altieri continua a impazzare. Ogni tanto le frasi passano all’inglese, allo spagnolo e al francese, oppure includono qualche parola di russo (a volte trascritta in cirillico, come Босс per boss) o (p. 255) un’imprecazione implicata come calabrese… Anche se a volte, come per gli eventi della storia, il risultato suona molto più meccanico rispetto ad altri romanzi di Altieri. Inoltre, trovo curioso che qui, come in Victoria Cross, i personaggi filippini parlino in spagnolo. Possibile che Altieri non sappia che nelle Filippine, nonostante tre secoli e passa di dominio spagnolo, la lingua non si è mai affermata e in pratica oggi è conosciuta solo come L2 e da una ristretta minoranza?
 
Più originale è il modo in cui vengono presentate alcune battute di un gruppo di jihadisti trapiantati in Australia (?) e agli ordini di un italiano (?):
 
Unore a tua, Presodente (…) Priego a te, Presodente (…) Ma li intrugi stanno a L-18 (…) Come comandi atté, Presodente (pp. 52-53, corsivi nelloriginale).
 
Il modello è ovviamente l’italiano regionale del centro-sud: complemento oggetto preceduto da preposizione, verbo stare per essere, rappresentazione del raddoppiamento fonosintattico dopo a… anche se in un caso c’è, e in uno no. D’altra parte, il miscuglio secondo me funziona. Sono poche battute in una lingua inventata, ma mi sembrano un valido spunto per andare oltre. Aspetterò il quinto capitolo della serie.
 
Alan D. Altieri, Orizzonti d’acciaio, Special n. 41, luglio-agosto 2016, supplemento al n. 1631 di “Segretissimo”, pp. 260, € 7,90.
 

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