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lunedì 9 marzo 2020

Lettera ai miei studenti sulle lezioni a distanza


L’Università di Pisa da oggi fa didattica usando lezioni a distanza. Visto che non tutti hanno confidenza con questo genere di attività, ho pensato di mandare ai miei studenti una lettera di spiegazione e di condividerla qui.

Cari studenti,

come sapete, a partire da questa settimana le lezioni dell’Università di Pisa saranno svolte a distanza. Qui all’Università faremo di tutto per far funzionare questa soluzione per tutto il periodo che sarà necessario, sperando che sia molto breve. Una situazione del genere sarà però nuova per molti di voi, e per questo vorrei condividere qui qualche osservazione basata sull’esperienza – dato che lavoro nel settore da vent’anni e ho realizzato e seguito molte attività di formazione a distanza.

Come tutte le tecniche, anche le lezioni a distanza presentano vantaggi e svantaggi. Ci sono ottimi motivi se, dopo molti decenni di diffusione delle tecnologie informatiche, oggi anche i corsi di laurea più votati all'informatica preferiscono operare, in condizioni normali, con lezioni in presenza!

Non entrerò nel dettaglio degli svantaggi, che coinvolgono aspetti tecnici, sociali, comunicativi e didattici. Mi limito ora al problema che potrebbe essere più importante nei prossimi giorni: le lezioni richiedono strumenti a cui non tutti possono accedere. Purtroppo, durante la chiusura delle strutture, non tutti i nostri studenti hanno a disposizione uno spazio tranquillo dove ascoltare una lezione per un’ora e mezza senza interruzioni, un collegamento con banda sufficiente, un computer o un dispositivo adatto per l’ascolto e così  via.

Io spero che questi numeri siano molto ridotti. Tuttavia, non ci sarebbe nulla di sorprendente se una buona parte di chi frequenta regolarmente le mie lezioni avesse difficoltà a seguirle on line, o a partecipare in modo più attivo. Queste difficoltà saranno senz’altro maggiori nei primi giorni.

La cosa principale che vorrei dirvi è: non preoccupatevi troppo. Tutti questi problemi, purtroppo, sono ben noti a chi lavora nel settore. L’Università di Pisa, assieme a molte altre, sta facendo un enorme esperimento grazie alle capacità e al lavoro di molte persone esperte e dedicate, che dobbiamo ringraziare per il loro impegno. In un caso del genere ci sono appunto inconvenienti, ma ciò non vuol dire che chi incontra difficoltà sarà trascurato. 

Per quel che riguarda il mio corso, ci sarà senz’altro la massima attenzione agli aspetti critici, con l’obiettivo di non penalizzare nessuno. Come minimo, le lezioni saranno registrate, in modo da permettere di seguirle anche in seguito – e comunque tutti i corsi possono essere seguiti anche da non frequentanti, nei modi indicati nel programma.

In sostanza, vi invito quindi a stare tranquilli. Se emergeranno problemi, li risolveremo in spirito di collaborazione! Nei prossimi giorni vedremo spesso i limiti delle attuali soluzioni informatiche, ma intanto cerchiamo di vederne i vantaggi. E soprattutto, ricordiamo la cosa più importante: le lezioni a distanza ci offrono uno strumento, che fino a poco tempo fa non esisteva, per mantenere una continuità degli insegnamenti in una situazione difficile. Questa continuità sarà importante anche per chi dovesse avere problemi con l'accesso in una fase iniziale.

A presto, e buon lavoro,

Mirko Tavosanis

Appendice: le lezioni a distanza come saranno fatte nei prossimi giorni sono piuttosto lontane dalla vera formazione a distanza, concepita per superare appunto le difficoltà della semplice riproposizione delle lezioni frontali via internet. Tuttavia, sui corsi già esistenti è molto difficile cambiare modello didattico in poco tempo, e la soluzione realizzata è l'unica possibile con poche settimane di preavviso: io condivido quindi completamente la scelta fatta dall'Università di Pisa. Più avanti, spero, ci sarà tempo per dedicare la giusta attenzione a soluzioni più sofisticate.

venerdì 20 dicembre 2013

Ascesa e caduta dei MOOC

 
 
Complessità dei MOOC (da Wikipedia in lingua italiana)
Molti esseri umani parlano per estremi e sembrano vivere in un mondo fatto di bianco e di nero. Le persone, per loro, sono sempre creature meravigliose o mostri. Le cose sono amate o sono odiate. È un modo intenso di descrivere la vita e forse è anche migliore rispetto al mio, che si basa in sostanza su sfumature di grigio su sfondo beige.
 
Sono però abbastanza sicuro che, quale che sia la sua positività per il singolo, questo modo non sia quello più adatto a descrivere e capire un sacco di fenomeni, tra cui quelli sociali. Che spesso non sono affatto riducibili al bianco e nero. L’estremizzazione qui è di regola eccesso di semplificazione, e quando ci si mettono di mezzo i giornali spesso la semplificazione arriva alla caricatura di sé stessa. Questo è poi ciò che accade di regola alle informazioni sull’educazione – e, negli ultimi giorni, a quella sui MOOC. L’anno scorso uscivano sui giornali esaltazioni improbabili di questi corsi online, che avrebbero rivoluzionato l’educazione. Oggi escono stroncature, spesso a firma degli stessi giornalisti.
 
Né l’una né l’altra cosa mi hanno sorpreso, anche se mi hanno leggermente intristito. Chi si occupa seriamente di e-learning sa che lo studio è un fenomeno complesso, e che non basta mettere in linea materiali o corsi nuovi perché masse di appassionati imparino cose nuove. Se bastasse quello, i libri a stampa avrebbero già fatto chiudere le scuole da un pezzo: in fin dei conti, ancora oggi è possibile sentire storie meravigliose su come un singolo libro possa dare un accesso alla conoscenza tale da rivoluzionare la vita delle persone. E i numeri trionfali che a volte si ottengono quando si regala un prodotto (buono o cattivo) sul web non significano che il meccanismo con cui lo si regala sia sostenibile sul medio periodo, per non parlare del lungo.
 
Vediamo qualche dettaglio sul caso specifico. Per esempio, in Italia, la Lettura (supplemento del Corriere della sera) ha dedicato ai MOOC nel numero del 15 dicembre 2013 un articolo di Massimo Gaggi (nelle stesse pagine, un più interessante articolo di Cristina Taglietti parla dei libri di testo “fai da te” nelle scuole italiane… settore da seguire da vicino). Lo stesso Gaggi aveva dedicato all’argomento un articolo molto positivo l’anno scorso, debitamente richiamato nel numero di quest’anno.
 
In entrambi i casi, ci troviamo però di fronte al classico giornalismo di seconda mano: nessuna ricerca originale, solo una sintesi e traduzione di cose già dette da altri (e qui va già bene, perché gli articoli sono scritti con competenza… spesso non si è così fortunati). Andando alle fonti, si segnala quindi una coppia di articoli del New York Times. Il 2 novembre del 2012 Laura Pappano aveva annunciato The Year of the MOOC; il 13 dicembre del 2013 Tamar Lewin spiegava invece che After Setbacks, Online Courses Are Rethought.
 
Che cos’è successo nel frattempo? Banalmente, che i MOOC sono stati provati. E che si è visto che, sorpresa, la dispersione degli studenti nelle iniziative di formazione a distanza è altissima. Oppure che, altra sconvolgente sorpresa, riescono a seguire meglio questi corsi le persone che hanno già un titolo di studio tradizionale. Tutte cose che gli addetti ai lavori sanno appunto da decenni, e che sono da tempo ampiamente pubblicizzate e documentate. Ogni tanto può anche essere utile riscoprire l’acqua calda, ma vedendo il modo in cui l’e-learning si presenta all’esterno si ha l’impressione che esista solo questo: un ciclo continuo in cui qualcuno che non aveva mai sentito parlare dell’acqua calda la riscopre, in circostanze più o meno traumatiche.
 
Cioè, voglio dire: l’attuale sistema di formazione superiore non nasce dal caso. È il frutto di tentativi passati – più o meno corretti, più o meno meritevoli di aggiornamento, ma spesso sensati, ragionevoli e funzionali – di trovare modi per fornire formazione a grandi masse di studenti. I quali studenti, lasciati a sé stessi, a volte per fortuna trovano canali alternativi ma sui grandi numeri no. Un sistema di formazione è una cosa complessa e sperare di lanciare un’alternativa funzionante come se fosse un’app per scambiare foto di gatti, ignorando le infinite complessità nascoste che fanno funzionare il sistema esistente, è, come dire, irrealistico.
 
Non nascondo un po’ di frustrazione.
 
A questo punto abbiamo decenni di esperienza sulla comunicazione elettronica e sulla didattica via Internet. In questo settore non esistono ovviamente leggi formalizzate e applicabili, e qualche prodotto di successo apparirà sempre a sorpresa. Tuttavia ma siamo da tempo in grado di distinguere tra cose assurde in partenza e altre meno assurde. I MOOC possono funzionare benissimo come iniziative promozionali di grandi università, realizzate in perdita. Con qualche aggiustamento, possono anche trovare con facilità nicchie in cui prosperare. Non saranno invece, di per sé, una rivoluzione per l’educazione superiore. Punto.
 
Ma si può ottenere entusiasmo anche per un mondo che non è fatto solo di colori chiassosi e titoli strillati? Beh, io credo di sì. A me è capitato di andare in giro per l’e-learning e di trovare nei più diversi angoli del mondo persone che mi dicevano cose tipo: “Grazie al Consorzio ICoN ho potuto prendere una laurea italiana, e se non ci foste stati voi non ci sarei mai riuscita”. A queste cose i maggiori quotidiani del pianeta non dedicano molto spazio. Ma ci sono, funzionano, e un po’ alla volta cambiano il mondo, in un modo che spero più intelligente e fruttuoso di tanti altri.
 
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