martedì 24 gennaio 2012

I limiti del multimediale nei libri di testo



Schermata di iBooks Author (da Wikipedia)
Come previsto, giovedì scorso la Apple ha fatto il suo annuncio sui “libri di testo”. Avevano ragione sia il Wall Street Journal sia Ars technica: la presentazione da un lato ha mostrato esempi di nuovi libri di testo, dall’altro si è concentrata sullo strumento per realizzarli, iBooks Author. Questo strumento è disponibile solo per Mac: io uso Ubuntu e posso accedere facilmente solo a computer Windows, quindi non sono direttamente coinvolto... ma approfitto di questo distacco per due o tre osservazioni di portata più generale.
 

Uno dei punti di forza del programma, secondo le informazioni promozionali Apple, è la facilità con cui si possono inserire contenuti multimediali in iBooks Author. Come dice la pagina di presentazione, in una sezione chiamata “Add widgets. Add interest”,
 
Widgets add Multi-Touch magic to books with interactive photo galleries that bring images to life, engrossing 3D objects you can’t help interacting with, animations that burst off the page, and more.
 
Quando si cerca di vendere un prodotto, il tono da imbonitori è normale (anche se non molto di buon gusto). Il problema è che molti commentatori sembrano prendere sul serio queste iperboli. Qualche verifica concreta consente però di tornare con i piedi per terra.
 
Ora, per pubblicizzare le funzioni del programma, Apple ha reso disponibile con iBooks 2 (I libri elettronici prodotti con iBooks Author si possono aprire in pratica solo su iPad, con il programma iBooks 2 – limite non da poco) un curatissimo testo divulgativo di E. O. Wilson, prodotto, sembra, con iBooks Author appositamente per l’occasione: Life on Earth: an introduction. Io l’ho provato e, dopo qualche perplessità per alcune scelte d’interfaccia, direi che la multimedialità in alcuni punti è effettivamente utile (dando per scontato che Apple abbia scelto l’argomento che meglio si prestava a mostrare le possibilità del prodotto...). Per esempio, alcuni dei modellini 3D inclusi all’interno del primo capitolo e alcune delle animazioni aiutano a dare un senso del modo in cui si dispone il DNA all’interno del nucleo delle cellule, e così via.
 
Ma è importante notare che l’utilità di questi strumenti, perfino in un libro del genere, è sorprendentemente circoscritta. Gli oggetti tridimensionali servono... beh, quando si parla di strutture tridimensionali. Le interviste in video ai premi Nobel non aggiungono nulla, dal punto di vista informativo, rispetto a un testo scritto. E uscendo dal libro, se si sta cercando di consultare un orario ferroviario, la terza dimensione non serve a nulla. Le immagini possono “dare vita” a un testo di storia dell’arte, ma sono del tutto inutili in un testo di linguistica. Eccetera. Animazioni e 3D potrebbero contribuire ad alcune delle informazioni di contorno di un libro anche solo leggermente più serio di biologia – come, per restare a Wilson, il suo splendido The superorganism, che ho regalato a mio figlio maggiore qualche mese fa – ma per molte altre sono del tutto inutili.
 
Poco male, si può pensare. Ma la cosa non è sempre così neutra. Per esperienza diretta, a volte la facilità di inserire materiali multimediali porta a sindrome che definirei “da ricerca delle scuole medie”. Si prendono immagini e si inseriscono nel testo per puro e semplice ornamento grafico, vagamente connesso all’argomento della ricerca. Ai miei tempi la cosa si faceva ritagliando qualche foto da rivista (in mancanza di stampanti e fotocopiatrici) e incollandola sul quaderno; oppure ricalcando qualche disegno. Oggi spesso si fa qualcosa di più oneroso, ma il principio è lo stesso.
 
Lavorando all’università, io assegno e correggo un bel po’ di lavori scritti: voci di Wikipedia, relazioni, tesi, eccetera. Ultimamente, a occhio, seguo la scrittura di una media di almeno duemila pagine all’anno, spesso rilette tre o quattro volte. E, spesso, devo chiedere a chi scrive i testi di cancellare immagini che non servono a nulla, oppure grafici che presentano informazioni in modo confuso (e molto meno comprensibile rispetto a una tabella, o addirittura a due o tre numeri inseriti in un normale capoverso), o costruzioni informatiche ancora più complesse. Si tratta sempre di lavoro benintenzionato, ma che porta via tempo prezioso.
 
In fase di correzione, mi capita quindi di avere conversazioni di questo genere: “Posso presentare queste informazioni in un ambiente 3D?” No, stanno benissimo su un normale file di testo, e per leggerle in un ambiente virtuale ci metterei un sacco di tempo. “Non posso fare questi interventi sul testo perché salterebbe l’impaginazione delle immagini.” Bene, allora butti via le immagini: in questa relazione non sono importanti, mentre i contenuti sono fondamentali. “Non posso inserire queste informazioni in una diapositiva PowerPoint.” Non c’è problema: lasci perdere le diapositive e le presenti su carta...
 
Nulla di strano, beninteso: i docenti sono lì proprio per fornire indicazioni di questo tipo. Lo strano è che ci sia da combattere continuamente questa battaglia. Ogni nuovo giocattolino scintillante viene lanciato come se fosse “la soluzione per i problemi dell’educazione”, e così via. Ahimè, l’educazione richiede un numero sorprendentemente basso di modelli tridimensionali o di animazioni. E, cosa interessante, ci sono numerosi settori rilevanti che non ne richiedono nessuno. Questo comunque spero sarà l’argomento di un prossimo post.
 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Recensire una tecnologia senza provarla è quantomeno presuntuoso, ma la cosa importante è che video e oggetti 3D sono la cosa meno importante e innovativa di questa tecnologia.
Conoscere il resto...

Mirko Tavosanis ha detto...

Ciao!


Concordo con te: non si può commentare per bene qualcosa se non lo si è provato. E infatti non mi occupo assolutamente di iBooks Author dal punto di vista del produttore... mentre ho provato il prodotto finito dal punto di vista dell'utente!

Che iBooks sia innovativo dal punto di vista tecnico, non discuto. Ciò che mi chiedo è, una volta visti i risultati, se questa innovazione è - per usare la terminologia industriale - di processo o di prodotto. Direi la prima, appunto... il che, sulla base dell'esperienza, mi rende molto diffidente sull'impatto che può avere sugli utenti.

Dell'impatto sugli sviluppatori spero di parlare a parte :-)

A presto,

Mirko

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