La settimana scorsa, per rientrare a Hong Kong da Giava, ho preso due voli dell’economicissima Air Asia (un po’ la Ryanair d’Indocina), con cambio a Kuala Lumpur. All’aeroporto di Giacarta ho però notato che si imbarcavano diversi indonesiani con maglietta Ducati, e mi è venuto un sospetto... Un rapido controllo via Internet, e, sì: domenica c’era appunto il Motomondiale in Malesia. Il che significa il circuito di Sepang; il quale a sua volta si trova proprio accanto all’aeroporto di Kuala Lumpur, a sei chilometri di macchina dal terminal, senza niente in mezzo (mentre Kuala Lumpur in realtà è lontana 70 km).
Il Motomondiale vero e proprio cominciava alle quattro del pomeriggio, la stessa ora a cui dovevo reimbarcarmi per Hong Kong; però, la cosa che mi interessava era il contorno, più che la corsa. E in particolare il posto dell’italiano nei manifesti e nelle scritte, che da qualche parte in effetti compare, come qui ai piedi della foto dei Fratelli Benelli:
A quel punto, per un attacco di curiosità linguistica, ho deciso di dare un’occhiata. Mi sono fatto timbrare il passaporto e sono uscito dal terminal per calpestare, per la prima e forse ultima volta in vita mia, il suolo del Regno Federale di Malesia (apprezzando molto il fatto che gli italiani non abbiano bisogno, lì, di un visto d’ingresso). Le nuvole sembravano pronte a scaricare il finimondo, e in effetti, mentre ero sul bus navetta, una specie di torrente si è rovesciato su Sepang e dintorni. Per fortuna, però, non è durato molto, e sono riuscito ad andare in giro attorno al circuito senza bagnarmi troppo nelle mie tre ore di permanenza sul posto.
Risultato: sì, di marchi italiani (e di facce di Valentino Rossi) se ne vedeva una discreta quantità. Rari però, al di là dei nomi propri, i testi in italiano. L’ingresso principale si presentava così, con la Benelli in bella vista ma in inglese:
Il che conferma una mia impressione di massima. La conoscenza dell’Italia gira, in buona parte del mondo, anche attraverso lo sport. Però lo sport, a differenza della cucina, non si porta dietro molte parole italiane. Certo, in Siberia o in Indonesia si trova sempre qualcuno con cui commentare la situazione della Juventus o dell’Udinese (io lo faccio incrociando le dita e sparando osservazioni a casaccio, visto che le mie conoscenze dello sport italiano sono praticamente a zero), ma difficilmente questo richiede parole diverse dai nomi propri. Il lessico sportivo internazionale è saldamente a base inglese, o nazionalizzato, e lì la diffusione dell’italiano si ferma.
Certo, ogni tanto ci sono eccezioni. Come questa scritta, notata su un muro in una trafficata strada di Yogyakarta, che da sola meriterebbe un capitolo di un libro di linguistica:
Può darsi che una spiegazione articolata del nome di questo gruppo ultras si ritrovi da qualche parte nel sito ufficiale della Brigata, in Bahasa Indonesia. Ma di sicuro sono abbastanza indicativi i video in cui la Brigata fa il tricolore:
Il marchio Ducati, al confronto, sembra roba per pochi intenditori.
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