lunedì 1 ottobre 2012

Da Pechino a Hong Kong

 
Il paesaggio che si vede arrivando a Pechino dalla Mongolia è spettacolare. Per buona parte della mattinata, il treno è passato attraverso montagne, torrenti e dighe (oltre a una discreta quantità di città industriali). In teoria da alcuni punti del lungo percorso si dovrebbe vedere anche la Grande muraglia, ma fin da subito ho fatto la conoscenza con la foschia cinese, che apparentemente si ritrova ovunque uguale.
 
 
Il paesaggio che si vede partendo da Pechino verso il sud è, viceversa, terribilmente monotono. Grandi città, tutte simili una all’altra; pianura piatta; campi di mais.
 
Devo dire poi che io sono partito già maldisposto. Un po’ per non aver trovato posto sui treni per Shanghai e Xi’an; e un po’ per la noia di dover essere in stazione novanta minuti prima della partenza, per i controlli doganali – il treno T 97 che ho preso in pratica non fa fermate, e quindi il passaporto di chi è diretto a Hong Kong viene controllato direttamente a Pechino, assieme ai bagagli.
 
Perfino con i compagni di scompartimento, poteva andarmi meglio: un distinto cinese di Hong Kong sulla mezza età, anche simpatico, ma con un inglese un po’ limitato e che ha passato buona parte del viaggio a guardarsi sul computer telefilm d’azione in cantonese; e, nei letti al piano terra, due ragazzine danesi (credo) che hanno passato il tempo a dormire e a leggere una guida della Thailandia. Per risparmiare due soldi, avevo prenotato infatti uno dei letti in alto, che in Cina costano un po’ meno rispetto ai più comodi posti in basso. Risultato: mi sono trovato per buona parte del viaggio confinato al piano di sopra.
 
A infastidirmi ulteriormente è stata l’impossibilità di trovare piatti senza carne nella carrozza ristorante. Anzi, quando ci sono stato, ho ordinato un piatto di “fried f...s” (le lettere centrali sul menu in inglese erano illeggibili), basandomi sulla foto di accompagnamento:


Risultato: mi sono ritrovato davanti un piatto di rane fritte, con accompagnamento di sedani. Per un po’ ci ho anche provato, ma quel mix di minuscoli ossicini e spine dorsali tritate non è proprio il mio genere.
 

La mattina dopo, in compenso, mi è passato il malumore. Il risveglio ha mostrato già il paesaggio della Cina del sud: risaie, montagne, laghi...


Una decente colazione mi ha un po’ riconciliato con le ferrovie cinesi, oltre che con la Cina.
 
E alla fine, a ora di pranzo sono arrivato a Hong Kong. Visto che il mio alloggio non era ancora disponibile, sono andato a rintanarmi in un’economica guesthouse di Nathan Road (di quelle catalogate tra “folklore locale” e “trappole in caso di incendio”, e ho passato pomeriggio e sera a riallinearmi con la posta con la connessione wifi, finalmente funzionante in pieno e senza blocchi da censura, o da albergo di lusso.


Tempo totale di viaggio: due settimane esatte, inclusi cinque pernottamenti “a terra” anziché in treno. La Cina è più vicina di quanto si pensa, e il mondo più piccolo: magari la prossima volta varrebbe la pena di provare a piedi, o in bicicletta...?
 

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