La Libia sembra un paese in attesa. Le costruzioni e le riparazioni si sono fermate all’inizio del 2011: scendendo verso l’aeroporto di Tripoli si vedono interi quartieri di palazzi in cemento rimasti a mezzo e ora invasi dalla sabbia – puro Ballard.
Del resto, le visite in Libia oggi sono sconsigliate, a parte importanti ragioni di lavoro. Io ci sono stato per presentare le attività di ICoN al workshop regionale “Methods for Developing Higher Education and Scientific Research in Virtual Universities”, tenuto a Sabratha dal 21 al 22 agosto. Gli organizzatori erano il Ministero libico dell’Istruzione superiore e della ricerca scientifica, la Open University libica e la Federazione delle Università dei Paesi islamici. Il pubblico era di alto livello – rettori o pari grado – e i lavori sono stati introdotti non solo dal ministro libico per l’Istruzione superiore e la ricerca scientifica, ma anche dal suo omologo tunisino. Insomma, una splendida occasione per presentare le attività del Consorzio. Lato mio, poi, il viaggio e la sistemazione sul posto sono stati splendidamente gestiti dall’Istituto Italiano di Cultura di Tripoli e in particolare da Francesca Chiesa.
Devo dire che, ad attraversarla in macchina, con la guida di un bravissimo collaboratore dell’IIC, la Libia sembra per buona parte del tempo il paese più tranquillo del mondo. Certo, attorno si vedono ancora gli effetti dei combattimenti e dei bombardamenti occidentali. Per esempio qui, dove un missile ha colpito un punto di ritrovo di veicoli di Gheddafi alle porte di Zauia:
Inoltre, cosa ancora più vistosa, buona parte del controllo del territorio oggi è fatto dalle milizie. Sulla strada tra Tripoli e Sabratha, i posti di blocco sono gestiti da miliziani di vario tipo: ragazzini giovanissimi, oppure personaggi più anziani, con la barba lunga e il kalashnikov in spalla. Accanto, gli immancabili gipponi con mitragliatrice.
Le misure di sicurezza consigliate dall’Ambasciata italiana sono comunque molto severe, e le mie visite all’esterno sono state quindi ridotte al minimo. L’unica escursione fuori percorso si è in sostanza limitata a una cena accanto all’arco di Marco Aurelio, nel centro di Tripoli, e a una passeggiata negli immediati dintorni, tra resti italiani e movida locale. Più classica è stata
una visita lampo alle rovine romane di Sabratha, durante una pausa del workshop, senza neanche l’ombra di un turista in visita.
Nel frattempo, tutto attorno, la Libia apparentemente aspetta. A settembre finiranno le vacanze e si vedrà quale sarà il destino del governo oggi in carica. Nel frattempo, noi speriamo di poter venire incontro a una domanda che sembra molto sostenuta e di dare anche in Libia qualche contributo alla diffusione della lingua italiana.
Inoltre, cosa ancora più vistosa, buona parte del controllo del territorio oggi è fatto dalle milizie. Sulla strada tra Tripoli e Sabratha, i posti di blocco sono gestiti da miliziani di vario tipo: ragazzini giovanissimi, oppure personaggi più anziani, con la barba lunga e il kalashnikov in spalla. Accanto, gli immancabili gipponi con mitragliatrice.
Le misure di sicurezza consigliate dall’Ambasciata italiana sono comunque molto severe, e le mie visite all’esterno sono state quindi ridotte al minimo. L’unica escursione fuori percorso si è in sostanza limitata a una cena accanto all’arco di Marco Aurelio, nel centro di Tripoli, e a una passeggiata negli immediati dintorni, tra resti italiani e movida locale. Più classica è stata
una visita lampo alle rovine romane di Sabratha, durante una pausa del workshop, senza neanche l’ombra di un turista in visita.
Nel frattempo, tutto attorno, la Libia apparentemente aspetta. A settembre finiranno le vacanze e si vedrà quale sarà il destino del governo oggi in carica. Nel frattempo, noi speriamo di poter venire incontro a una domanda che sembra molto sostenuta e di dare anche in Libia qualche contributo alla diffusione della lingua italiana.
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