giovedì 18 ottobre 2012

Pulau Kotok

 
Ieri avevo una mezza giornata di pausa e ho deciso di andare a vedere le isole attorno a Giacarta. O meglio, la zona nota come Pulau Seribu (“le mille isole”), che parte da pochi chilometri dalla capitale ma si estende poi parecchio a nord, nel mare tra Giava e Sumatra. OK, quindi, programma: partire sul presto, fare un tuffo e rientrare nel primo pomeriggio all’Istituto Italiano di Cultura per sbrigare un po’ di faccende. E in effetti, arrivati sul posto si vede che un viaggio a Pulau Seribu ha il suo bel perché:


Comunque, la partenza sul presto si è concretizzata... ma per gli orari avrei dovuto mettermi subito sull’avviso, visto che, per esempio, il tassista che mi portava al motoscafo a un certo punto si è perso. E, come in India, in questi casi non serve né controllare la cartina (che è imprecisa, e che i conducenti comunque di solito non sanno decifrare) né chiedere in giro (perché nessuno sa nulla). Google Maps avrebbe aiutato... ma non sono riuscito a prendermi ancora una scheda indonesiana con un piano dati funzionante, e quindi, niente da fare.
 
Dopodiché, partenza in motoscafo. La mia destinazione è Pulau Kotok, un’isoletta trasformata in resort con una scogliera corallina di fronte. In teoria ci dovremmo arrivare in un’ora venti, in pratica ci vorranno quasi due ore e mezzo; ma la cosa non mi dispiace, perché ho un posto all’aperto. E poi, forse perché effettivamente il mare è un olio, o perché l’aria aperta fa bene, o perché mi sono abituato, o perché le pasticche indonesiane di dimenidrinato funzionano, mi ritrovo a non avere nemmeno il minimo accenno di mal di mare!
 

Comunque, le isole più vicine a Giacarta sono ancora sommerse dai rifiuti galleggianti; alcune sono state adattate a isole turistiche, ma non sembra davvero il caso di fermarsi a nuotare lì! Più ci si allontana, invece, più l’acqua si ripulisce, e quando il motoscafo rallenta e incomincia a depositare passeggeri sulle varie isolette siamo ormai arrivati in una zona niente male. Alcune isole hanno veri e propri villaggi, altre solo resort turistici, e intorno le onde si sollevano nei tratti in cui la barriera corallina rialza il fondo. Il Mar di Giava è avvolto dalla solita foschia tropicale, per cui lo sguardo spazia poco; però anche il sole è coperto di nuvole e io apprezzo.
 

A Pulau Kotok scopro di essere poi l’unico turista su tutta l’isola: i vantaggi del viaggiare nel fine settimana! Prima di tuffarmi faccio due passi per Kotok, che poi è in pratica un’isoletta corallina coperta di sabbia e palme da cocco, lunga meno di un chilometro e larga due-trecento metri; quindi l’ispezione è rapida. Dopodiché, sorpresa: mancano i turisti ma in effetti l’isola pullula di lucertoloni! “Nessuno mi aveva avvisato...” Simpatici animaletti lunghi quasi due metri (beh, buona parte è coda) che peseranno probabilmente, i più grossi, anche una ventina di chili. Una compagnia pittoresca e affascinante che si avvicina tranquillamente a sedie e tavoli da ristorante... che cerchino una grattatina?
 

In ogni caso, mi prendo pinne, maschera e boccaglio e mi tuffo. Pensavo di dovermi allontanare parecchio, invece alla fine rimarrò a sguazzare nel raggio di poche decine di metri dal pontile, cioè grosso modo qui:
 

Peccato non avere una macchina fotografica subacquea... Però scopro con sorpresa che una scogliera corallina al naturale assomiglia molto a un acquario ben organizzato! Fauna, alghe e coralli sembrano una vetrina (o da Nemo): la presenza più vistosa è fatta da pesciolini colorati che sembrano del tutto indifferenti alla mia presenza. Al di là di quelli, vedo solo qualche minuscola medusa trasparente – che per sicurezza scanso.
 
Dopo un paio d’ore, con la gola un po’ raschiata dal sale (non sono più abituato...), me ne torno a riva mentre uno scroscio equatoriale fa fuggire i pochi indonesiani che lavorano e pescano lì attorno – un po’ come i bagnanti a Viareggio in circostanze simili, e francamente pensavo che il modo di gestire gli acquazzoni qui fosse un po’ più evoluto! Vabbè, mi siedo, unico ospite, al tavolo del “ristorante” e sfoggio il mio Bahasa Indonesia d’emergenza: “Saya tidak mau makan daging, saya tidak mau makan ikan...” Vengo ricompensato con il miglior pranzo indonesiano e vegetariano di questi giorni.
 

Ritorno: partiamo regolarmente alle due, ma poi tutti gli orari saltano... e a Giacarta il tassista stavolta non perde la strada, ma rimane comunque imbottigliato nel traffico. L’appuntamento all’IIC salta. Dovrò recuperare la mattina dopo, cioè oggi – giornata che sarà dedicata a incontri e conferenze, e quindi, presumibilmente, con poca abbronzatura.
 

2 commenti:

Andrea ha detto...

nonostante la distanza dalla loro "casa" naturale, quelle lucertole sembrano proprio varani di komodo..

http://it.wikipedia.org/wiki/Varanus_komodoensis

Mirko Tavosanis ha detto...

Grazie, figliolo!

Che li abbiano importati lì per i turisti? Mi sa che avrei dovuto trattarli con un po' più di cautela... e accertarmi che non ce ne fossero di più grossi tra il fogliame...

http://www.msnbc.msn.com/id/29848167/ns/world_news-asia_pacific/t/komodo-dragons-maul-fruit-picker-death/

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