È uscita da qualche settimana, ma io ne ho ricevuto una copia solo adesso: la nuova edizione de I briganti di Magnus! Pubblicata da Rizzoli Lizard (Milano, 2013, pp. 334, ISBN 978-88-17-06967-0, € 24), a cura di Fabio Gadducci – che ha già curato per la stessa collana diversi altri volumi di Magnus – e mia.
Forse è superfluo dirlo, ma non si sa mai: sono entusiasta di aver contribuito a una nuova edizione di uno dei capolavori del fumetto italiano. Il lavoro è stato pubblicato a frammenti da Magnus tra il 1978 e il 1993 e consiste in una personalissima riambientazione fantascientifica de I briganti, cioè lo 水浒传 (“ai margini dell’acqua”), un classico della letteratura cinese medievale. Il risultato è assolutamente originale e, appunto, a parer mio uno dei massimi vertici del fumetto italiano (che del resto secondo me dà il meglio quando ricicla e riadatta miti generati altrove, ma questo sarebbe un lungo discorso).
La morte prematura nel 1996 impedì a Magnus di completare il lavoro, che seguiva molto da vicino l’unica traduzione italiana del romanzo, pubblicata da Einaudi nel 1956. I briganti ha quindi anche il fascino dell’incompiuto. I due contributi miei che compaiono in questa edizione sono appunto dedicati a dare un po’ di contesto alla storia, che si interrompe in modo molto brusco.
Il primo contributo, Come sarebbe finita (pp. 261-264), prova a ricostruire il modo in cui il lavoro di Magnus sarebbe andato avanti secondo il modello dell’edizione Einaudi. Tentativo di ricostruzione già fatto da altri in passato, basandosi non solo sull’edizione Einaudi ma anche sugli appunti che Magnus aveva preso sulla sua copia (rimasta il suo costante punto di riferimento). In questo caso, però, il ritrovamento di un foglio di appunti preparato da Magnus e contenente un indice completo della versione a fumetti permette di avere un’idea molto più precisa del piano dell’opera.
Il mio secondo contributo, La storia dei Briganti (pp. 265-270), parla invece del romanzo cinese originale (che ho letto nella traduzione inglese in 5 volumi a opera di John e Alex Dent-Young) e del suo rapporto con l’edizione Einaudi, che ne deforma il carattere a diversi livelli. Basti pensare che la traduzione, a suo tempo, non venne condotta direttamente dal cinese ma da una versione condensata del libro pubblicata in tedesco nel 1934…
Il confronto mette bene in luce, secondo me, alcune caratteristiche del romanzo e della lettura che ne ha fatto Magnus. Su quest’ultimo punto, poi, ho potuto studiare direttamente un quaderno di bozze dell’autore, che include un po’ di osservazioni ironiche e qualche ritaglio di giornale. Pochi indizi, ma spunti importanti per capire il modo in cui il lavoro aveva preso forma. In particolare per il rapporto curioso, e un po’ ambivalente, di Magnus con la figura di Mao e con la situazione politica cinese. Come si vede anche da questa pagina del quaderno di bozze, riprodotta nel libro a p. 270, con una fotografia di Mao ripresa da un giornale:
Ma, a parte questo, quel che conta nel libro è la storia in sé. C’è chi la ama e chi no. Io do il mio consiglio: se non l’avete ancora fatto, leggetela!
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