Oggi ho fatto lezione al corso di Storia dell'informatica parlando di interfacce immaginarie: il modo in cui gli scrittori di fantascienza (e non solo) hanno immaginato i modi per far interagire esseri umani e computer. Naturalmente, mi sono concentrato sui modi in cui l'interazione riguarda linguaggio e scrittura.
La lezione si è conclusa leggendo un curiosissimo esempio di preveggenza: il racconto A logic named Joe pubblicato nel 1946 da William F. Jenkins (più noto come Murray Leinster). Il racconto descrive una rete di personal computer diventata di uso comune nella vita quotidiana, e il quadro è sorprendentemente vicino alla nostra realtà. In rete si trova anche il testo originale del racconto, pubblicato dalla Baen; io ho usato la prima traduzione italiana, comparsa su Gamma nel 1967. Ricordo vagamente di aver letto il racconto nel 1984 o giù di lì, e di non esserne rimasto troppo colpito... Col senno di poi, è stato un errore!
SuperBum! Marchionimi in libertà
-
Un nome di carta igienica scoppiettante ma con potenziali effetti
indesiderati (e altri spunti linguistici)
5 giorni fa
Nessun commento:
Posta un commento