venerdì 12 febbraio 2010

Al rientro: la metro di Delhi


Bene, eccomi al rientro! Delhi è stata un'esperienza fantastica, soprattutto grazie alla gente: colleghi e studenti, ma non solo. E poi, il posto in sé era incredibile.

Poi naturalmente ci sono i problemi: un conto è sapere queste cose, un conto vedere dal vero la miseria di buona parte della popolazione. Ma l'unico aiuto vero, evidentemente, lo può dare un buona e sana crescita economica...

Il linguaggio c'entra qualcosa? L'India è una babele di lingue, e anche Delhi lo è - con l'inglese che, a quel che mi dicono, in una città di immigrati è spesso più gradito dell'hindi (lingua prevalente ma tutt'altro che universale).

E la lettura? Superficialmente, per testi esposti e così via, Delhi non è molto diversa da una città europea. Però, per esempio, i guidatori di taxi e simili spesso non sanno leggere. Quindi, niente cartine e navigatori: l'unico modo per individuare un posto consiste nel chiedere in giro, tornare indietro, farsi mandare da una parte e poi dall'altra...

A due giorni di distanza ho visto prima la metropolitana di Londra poi quella di Delhi. Nuova, quest'ultima, efficiente e ben fatta, e pure amichevole per quanto riguarda le indicazioni (anche se, a differenza delle metropolitane europee, all'ingresso c'è la perquisizione con metal detector, e un buon contingente di soldati appostati nei corridoi in trincee con sacchetti di sabbia...). Però a Londra una buona parte dei passeggeri seduti legge libri o traffica con qualche dispositivo elettronico. A Delhi, qualcuno manda messaggi con il cellulare ma non ho mai visto nessuno che leggesse un libro. E nemmeno una rivista, o un giornale. Per chi, come me, si interessa molto a questi aspetti, la differenza è vistosa.

In una scala di lettura, sospetto poi che la metropolitana di Roma si collocherebbe più o meno a metà strada tra il modello-Delhi e il modello-Londra. Ma questo è un altro discorso...

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