La scorsa settimana ho partecipato a uno scambio Socrates / Erasmus e sono andato a fare qualche ora di lezione sull’italiano del web alla Çukurova Üniversitesi di Adana in Turchia (in Cilicia, cioè quasi al confine con la Siria). Ne ho approfittato per attraversare in un comodo autobus le Porte di Cilicia e fare un salto anche in Cappadocia: un giorno e mezzo nei classici posti da turisti – Göreme, Ürgüp, Uçhisar.
Ma, per quanto sia divertente andare in giro in sandali tra i pinnacoli e le chiese bizantine scavate nella roccia, naturalmente la parte interessante del viaggio consiste nel cercare di capire qualcosa delle altre università. Da questo punto di vista, gli scambi Socrates / Erasmus mi sembra svolgano perfettamente il loro ruolo, consentendo di dare un’occhiata da vicino a realtà che altrimenti non ci sarebbe modo di conoscere.
Più in dettaglio, non essendoci alla Çukurova un insegnamento di italiano, io ho fatto lezione a studenti del dottorato in didattica dell’inglese. Ho anche cercato di costruire le presentazioni in quest’ottica, ed è stato un po’ imbarazzante presentare alcune informazioni elementari a persone che conoscono l’inglese meglio di me, e che di sicuro lo parlano molto meglio. Però è andata, le discussioni sono state vivaci, e alla fine gli argomenti coperti dovrebbero essere utili per chi si trova poi a fare didattica...
Comunque, parlando coi colleghi e con gli amministrativi, ho scoperto che ogni tanto non ci capivamo sul rapporto con gli studenti. In effetti, io davo per scontato che lì si insegnasse in turco, e loro davano per scontato che a Pisa si insegnasse in inglese – almeno per argomenti come la linguistica. Eh, beh, non è così! Il sito web della Çukurova Üniversitesi spiega che:
The language of instruction in almost all the programs of the university is Turkish. However, the language of instruction in the Electric-Electronics and Mechanical Engineering Departments of the Faculty of Engineering and Architecture is English.
Io ho avuto la sensazione che l’uso sia più ampio, ma comunque la cosa dà da pensare. È un bel taglio di competenze, rispetto a quello che si può fare (e di regola si fa) nei principali paesi occidentali.
Soprattutto, colpisce la differenza tra questo stato di cose e quello della strada. Non solo ad Adana, ma anche nel cuore turistico della Cappadocia non ho trovato nessuno che sapesse parlare inglese al livello di sostenere una conversazione – solo qualche tassista e la receptionist di un albergo di lusso per stranieri. Per cui, sull’autobus o per strada, ci si intende solo a gesti; e dopo aver detto “Italia” si rimane muti. Non so se arriveremo tanto presto al momento in cui tutti, in tutto il mondo, saranno in grado di chiacchierare un po’ in inglese, ma se ci arriveremo, sarà un grande momento. Viceversa, non credo che sarebbe un grande momento quello in cui tutte le università del mondo insegnassero unicamente in inglese. Non sarebbe neanche una grande catastrofe, beninteso; ma, a differenza dell’altro, non è un obiettivo sensato da raggiungere.
SuperBum! Marchionimi in libertà
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Un nome di carta igienica scoppiettante ma con potenziali effetti
indesiderati (e altri spunti linguistici)
5 giorni fa
2 commenti:
troppo piccolo, il carattere intendo!!!
Si legge proprio male!!
Ok, torno al carattere standard... in effetti su molti sistemi la visualizzazione con Liberation Serif non era un gran che.
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