Ho appena ricevuto il volume The Printed Media in Fin-de-siècle Italy. Publishers, Writers, and Readers, a cura di Ann Hallamore Caesar, Gabriella Romani e Jennifer Burns (Legenda, London, 2011; ISBN-13: 978-1906540746), che raccoglie gli atti di un convegno tenuto a Seton Hall nell’ottobre del 2008. All’interno c’è anche un contributo di Fabio Gadducci e mio: Printers, Poets, Publishers and Painters: The First Years of the Giornale per i bambini (pp. 163-176).
L’argomento del nostro articolo è, a mio modesto parere, molto interessante e divertente. In sostanza, siamo andati a leggerci la corrispondenza di Ferdinando Martini e di Guido Biagi, che nel 1881 lanciarono il Giornale per i bambini, primo periodico “moderno” per l’infanzia in Italia. E le lettere, in buona parte conservate alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, mostrano in dettaglio il modo in cui Biagi e Martini assegnavano il lavoro a scrittori e illustratori.
Particolarmente notevole è il rapporto tra testo e immagini che emerge da quelle pagine: come spiega pazientemente Biagi in un memorandum a un avvocato, nel mezzo dello scandalo Oblieght, “le nostre vignette non son fatte per gli articoli, mentre viceversa si fanno far gli articoli sulle vignette”. Cioè, com’era consuetudine nei periodici italiani del tempo, gli editori compravano stock di cliché stranieri per le illustrazioni, e passavano poi le immagini agli scrittori italiani, perché ci lavorassero e producessero storie e articoli su quella base. Poche le eccezioni, tra cui spicca la seconda parte di Pinocchio - storia che, inizialmente senza illustrazioni, apparve sul Giornale fin dal primo numero, contribuendo non poco al successo della pubblicazione, e che a partire dalla seconda parte fu accompagnata dalle (non bellissime) illustrazioni di Ugo Fleres.
Il problema delle immagini non è però l’unico punto d’interesse delle lettere di Biagi e Martini. E, in generale, il lavoro su questo contributo è stato l’occasione per fare una simpatica rimpatriata nella storia d’Italia e ricordare che il modo in cui oggi concepiamo il rapporto tra testi e immagini non è l’unico possibile, e di fatto non era l’unico neanche in epoche relativamente recenti (e poi, non è stata una brutta cosa approfondire la conoscenza di un personaggio come, appunto, Ferdinando Martini: divenuto col tempo, da giornalista e scrittore per il teatro, governatore dell’Eritrea).
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