martedì 13 novembre 2012

Mehler, Sharoff e Santini, Genres on the web

 
Mehler, Sharoff e Santini, Genres on the web
Mi sto facendo strada adesso, con molto ritardo, all’interno del fondamentale volume Genres on the web, a cura di Alexander Mehler, Serge Sharoff e Marina Santini (Dordrecht, Springer, 2011, pp. XIV + 362, ISBN 978-90-481-9177-2). L’editore lo vende al signorile prezzo di € 149,75 in rilegato, “ribassato” a € 129,99 in formato elettronico... Per fortuna, però, la meravigliosa biblioteca della PolyU di Hong Kong ha accesso alla versione elettronica, e quindi io sto andando avanti con i relativi PDF, stampando e annotando.
 
In partenza, però, vale la pena di notare che secondo me l’argomento è fondamentale e merita tutta l’attenzione degli addetti ai lavori. Come ho cercato di mostrare nel mio libro sull’italiano del web, l’articolazione in “generi testuali” molto articolati è fondamentale per capire il modo in cui si usa il linguaggio scritto all’interno della comunicazione elettronica e non solo. Anzi, in un contributo in corso di stampa, scritto assieme a Elisa Bianchi, spero di mostrare che questa idea è centrale per capire il modo in cui la variazione del mezzo di comunicazione influisce, o non influisce, sul linguaggio usato – il che porta poi a ridimensionare drasticamente il ruolo della variazione diamesica, così come viene interpretato oggi.
 
Se si vuole approfondire la questione, si incontra però un problema di base: le attuali definizioni di genere testuale sono molto limitate e spesso contraddittorie. Un buon punto di partenza per orientarsi in proposito è dato proprio dal primo capitolo di questo libro, firmato da tutti e tre i curatori, Marina Santini, Alexander Mehler e Serge Sharoff. Intitolato Riding the rough waves of genre on the web. Concepts and research questions, il capitolo (pp. 3-30) introduce la questione fondamentale partendo dalle motivazioni: “why is genre important? The short answer is: because it reduces the cognitive load by triggering expectations through a number of conventions”. E le convenzioni a loro volta, in questa prospettiva, sono “regularities that affect information processing in a repeatable manner” (p. 4).
 
Io, devo dire, sono meno convinto che la risposta alla domanda di partenza sia proprio quella (e tornerò a fine post su questo argomento). Ma non c’è dubbio che questo sia il modo in cui il problema viene visto oggi dalla maggioranza degli addetti ai lavori. Anche perché una concezione del genere lascia intravvedere la possibilità di applicazioni pratiche fondamentali: come dicono gli autori, “The potential of predictivity is certainly highly attractive when the task is to come to terms with the overwhelming mass of information available on the web” (p. 4).
 
L’uso pratico dei generi è però ancora agli albori. Due esempi di successo sono ovviamente Google Scholar (che copre una varietà di generi “accademici”) e Google News (che nella terribile presentazione italiana si presenta come dedicato agli “articoli di notizie”), ma a parte questi i prodotti funzionanti sono pochi. Gli autori citano due prodotti, X-SITE e WEGA, che però mi sembra non siano ancora disponibili in rete.
 
Come mai queste difficoltà? In buona parte perché, come dice il titolo del paragrafo 1.2, cercare di definire i generi sembra un po’ un “Trying to grasp the ungraspable” (p. 6). È chiaro a chiunque abbia lavorato nel settore che una semplice lista di generi non riesce a rendere conto della complessità di ciò che si trova effettivamente su carta e su web; le classificazioni più recenti sono quindi molto sofisticate, e propongono di regola l’uso di più parametri in contemporanea. E questa complessità si manifesta con tutti gli approcci, sia quello linguistico sia quello editoriale sia quello cui gli autori dedicano più attenzione, cioè quello computazionale.

La sintesi definitiva sembra ancora lontana, né il volume ambisce a presentarla. Vuole invece contribuire alla discussione contemporanea, nella prospettiva degli autori, in quanto (p. 23):
  1. It depicts the state of the art of genre research, presenting a wide range of conceptualisations of genre together with the most recent empirical findings. 
  2. It presents an overview of computational approaches to genre classification, including structural models. 
  3. It focuses on the notion of genres “for the web”, i.e., for the medium that is pervading all aspects of modern life. 
  4. It provides in-depth studies of several divergent genres on the web. 
  5. It points out several representational, computational and text-technological issues that are specific to the analysis of web documents. 
  6. Last but not least, it presents a number of intellectually challenging positions and approaches that, we hope, will stimulate and fertilise future genre research.
Anch’io non ho dubbi sul fatto che questa  ricerca affronti una delle questioni oggi più importanti per la linguistica, e una delle più dotate di potenzialità pratiche. Però, partendo dalla didattica della scrittura, mi chiedo se il modo più produttivo per affrontare il genere non sia alla fine un altro. Quello cioè che prende il punto di vista non della lettura, ma quello della produzione del testo: lì sì che le considerazioni sul “cognitive load” hanno un peso fondamentale. Ma, appunto, spero di avere le idee un po’ più chiare a studio terminato.
 

2 commenti:

Ada ha detto...

Molto interessante questo post. Sono curiosa di ciò che potrà dire in seguito.
Anche io credo che la scrittura sia un elemento fondamentale della conoscenza dei generi testuali.

Mirko Tavosanis ha detto...

Ciao, Ada!

Grazie per i complimenti... in effetti, spero di tornare prestissimo su questi argomenti!

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