Martedì sono rientrato a Pisa. E al rientro è inevitabile la tentazione di fare un po’ di bilanci: personali, d’accordo, ma anche un po’ più generali.
Partiamo da questi ultimi, e da quelli collegati più direttamente al mio lavoro. Girando per l’Asia, che impressione si ha dell’italiano?
Intanto, c’è un punto di partenza non scontato: il prestigio dell’Italia, o almeno di molte cose italiane, continua a essere altissimo ovunque. Certo, nell’ultima settimana, con lo svilupparsi degli eventi politici mi è stato inflitto il solito tormentone di risate e prese in giro che, credo, tutti gli italiani all’estero conoscono bene. Ma per quanto la politica italiana sia impresentabile, vita, produzione, cucina e cultura continuano a essere un punto di riferimento. E direi che la situazione è simile in diverse parti dell’Asia: Cina, Hong Kong, Indonesia, Mongolia…
A livello di vita quotidiana, a Hong Kong ma non solo, in qualunque bar / ristorante di tipo “occidentale” si finisce per parlare italiano... in un certo senso. Io personalmente andavo avanti, a ora di pranzo, con “One marocchino grande, one ciabatta with mozzarella and pesto”, o giù di lì. In posti in cui il caffè è Illy, la macchina dell’espresso Cimbali, l’acqua Panna, e via dicendo. Naturalmente, nessuno sa davvero parlare italiano, ma queste parole fuori contesto sono sorprendentemente diffuse e numerose.
Anche nei supermercati e simili parecchie cose di prestigio, non solo nell’alimentare, si presentano vistosamente in italiano. Prodotti italiani, marchi italiani, istruzioni in italiano sbandierate e in bella vista… Forse è una distorsione percettiva, ma facendo la spesa a Hong Kong mi sembrava spesso che, dopo l’inglese e il cinese, la terza lingua più in vista sugli scaffali fosse regolarmente l’italiano. Il confronto con il francese, il tedesco o lo spagnolo, insomma, è come minimo alla pari!
Questo non vuol dire che la percezione dell’italiano sia universale. Un direttore di IIC mi ha confessato la propria frustrazione nell’andare a fare presentazioni a studenti e sentirsi chiedere cose tipo “ma in Italia che lingua si parla?” (ipotesi più diffuse: l’inglese o lo spagnolo). Del resto, in Asia è diffusa l’idea che la “lingua europea” sia l’inglese, e gli “europei” a volte ricevono proposte di insegnare l’inglese in quanto si dà per scontato che siano “docenti madrelingua”, indipendentemente dalla provenienza effettiva. Certo, sempre lingue indoeuropee sono, e tra le lingue di cultura la differenza poi è più ridotta di quel che di solito si pensa, ma…
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