Sono alla continua ricerca di libri da inserire nel mio Laboratorio di scrittura, e a questo fine negli ultimi giorni mi sono letto l’Introduzione elementare alla scrittura accademica di Massimo Cerruti e Monica Cini (Roma-Bari, Laterza, 2007, ISBN 978-88-420-8182-1; l’editore mi ha gentilmente spedito una copia della quarta edizione, 2011, pp. 148, 16 €).
In sintesi: il libro è diligente e funzionale, come appoggio a un corso. Il titolo è però piuttosto fuorviante (o forse no, per i motivi che presenterò tra poco...). Infatti, l’unico tipo di “scrittura accademica” presentato è quello della tesi di laurea. È vero che le indicazioni fornite per la tesi di laurea valgono anche per altri tipi di scrittura; ciò però non significa che il discorso si esaurisca lì. Cosa ancora più sorprendente, il manuale presenta i “Generi della scrittura accademica” alle pp. 20-21, ma nella pagina e mezzo dedicata all’argomento si menzionano solo, in aggiunta alla tesi di laurea, “il manuale, la monografia e l’articolo scientifico”. Dopodiché, il discorso si chiude e si passa a trattare della sola tesi di laurea – e anche di questa, in modo molto sommario. Nella struttura del libro, addirittura, si intitola “La tesi di laurea” un paragrafo, il 2.2, che in realtà parla di ricerca di fonti bibliografiche in generale!
Se si dà per scontato che il libro non contenga indicazioni utili a scrivere diversi tipi di testo, comunque, i contenuti sono a posto. Il prodotto finito si avvicina poi molto allo standard del “come si fa una tesi di laurea”, che ovviamente ha nel libro di Eco il capostipite; perfino io ho scritto una metà di un manuale di questo tipo – anche se orientato allo studio più che alla scrittura – e prima o poi dovrò comunque riaggiornare la guida pratica preparata per gli studenti della triennale di Informatica umanistica.
Più in dettaglio, colpisce il fatto che quasi un terzo della lunghezza totale del libro (pp. 97-141) sia poi occupata da indicazioni sulla formattazione e sul modo per scrivere rinvii bibliografici. Il che è forse eccessivo, o meglio: il livello di dettaglio è secondo me non ottimale, visto che è un po’ troppo minuzioso per una guida rapida, ma non abbastanza minuzioso da esaurire l’argomento. Il modo più sensato per gestire i rinvii bibliografici mi sembra invece trattare rapidamente i casi più comuni e rinviare per ogni caso più specifico al Nuovo manuale di stile di Roberto Lesina o a eventuali guide disciplinari. Tuttavia le osservazioni date su altri aspetti mi sono sembrate competenti e adatte all’uso didattico.
Resta poi il fatto, tornando al discorso di partenza, che questo libro è un’altra testimonianza di quanto sia difficile per l’università italiana concepire l’esercizio della scrittura prima della tesi. Della relazione, della sintesi o del saggio “da venti pagine” di cui ho già parlato non si trova traccia. Il che è strano, visto che il manuale viene presentato in quarta di copertina come una guida “fondata sulle esperienze dirette dei laboratori di scrittura”. Del resto, se gli studenti italiani non fanno “scrittura accademica” se non al momento di scrivere la tesi, a che cosa servirebbe presentare regole per altri tipi di testo?
SuperBum! Marchionimi in libertà
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Un nome di carta igienica scoppiettante ma con potenziali effetti
indesiderati (e altri spunti linguistici)
5 giorni fa
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